Uno tra i più forti giocatori di sempre, celebre per il motto “Not in my house”, si è spento dopo una lunga malattia
Il mondo del basket è in lutto per la scomparsa di Dikembe Mutombo, leggenda Nba e una delle figure più iconiche dello sport, morto a 58 anni dopo una lunga battaglia contro un tumore al cervello. Nato il 25 giugno 1966 a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, Mutombo era il settimo di dieci fratelli. Il suo cammino verso la fama è iniziato a 21 anni, quando si trasferì negli Stati Uniti per studiare alla prestigiosa Georgetown University. Qui, sotto la guida di John Thompson, si distinse rapidamente per le sue incredibili doti difensive, in particolare per la capacità di stoppare i tiri avversari, il tratto distintivo della sua carriera.
Scelto come quarta assoluta nel draft del 1991 dai Denver Nuggets, Mutombo divenne presto uno dei migliori difensori nella storia della Nba. In 18 anni di carriera, giocò per diverse squadre, tra cui Atlanta Hawks, Philadelphia 76ers, New Jersey Nets, New York Knicks e Houston Rockets. Ritiratosi nel 2009, Mutombo ha chiuso la carriera con numeri impressionanti: 1196 partite di regular season, una media di 9,8 punti, 10,3 rimbalzi e 2,75 stoppate a partita. Con 3.289 stoppate, è il secondo miglior stoppatore di tutti i tempi, dietro solo a Hakeem Olajuwon, e davanti a leggende come Kareem Abdul-Jabbar.
Celebre per la sua frase “not in my house” (“non a casa mia”), pronunciata ogni volta che bloccava un tiro avversario, accompagnata dal gesto di scuotere l’indice in segno di diniego, Mutombo era un avversario temuto per la sua capacità di proteggere il canestro con una tenacia e una fisicità straordinarie. Quattro volte vincitore del premio di miglior difensore dell’anno (1995, 1997, 1998, 2001), un record poi eguagliato solo da Ben Wallace e Rudy Gobert, è stato convocato per otto All-Star Game e ha vinto per due volte il titolo di miglior rimbalzista della lega (2000, 2001).
Nonostante sia riconosciuto tra i più forti giocatori della storia, Mutombo non riuscì mai a conquistare un titolo Nba, pur avendo disputato due finali. Nel 2001, con i Philadelphia 76ers, raggiunse l’ultimo atto della stagione, ma si dovette arrendere ai Los Angeles Lakers di Shaquille O’Neal e Kobe Bryant. Nel 2003, invece, arrivò in finale con i New Jersey Nets, ma fu sconfitto dai San Antonio Spurs di Tim Duncan.
Oltre ai suoi successi in campo, Mutombo è ricordato per il suo straordinario impegno al di fuori del basket. Parlava nove lingue, tra cui cinque africane, e aveva ottenuto la cittadinanza americana, diventando un punto di riferimento per le comunità afroamericane e africane. La sua opera filantropica è stata altrettanto significativa della sua carriera sportiva. Nel 1997, fondò la Dikembe Mutombo Foundation, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita in Africa.
Uno dei suoi più grandi contributi fu la costruzione dell’ospedale Biamba Marie Mutombo a Kinshasa, un progetto da 29 milioni di dollari, che ha fornito assistenza sanitaria a migliaia di persone nella sua terra natale. Mutombo non si limitò a raccogliere fondi e a costruire strutture: era costantemente presente nelle attività umanitarie, coinvolgendosi personalmente in campagne di sensibilizzazione per la lotta contro l’HIV, la malaria e altre malattie che affliggono il continente africano.
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