TORINO. E’ difficile trovare motivo di soddisfazione nelle medaglie che arrivano a pioggia dai Giochi del Mediterraneo. Senza nulla togliere a chi a Mersin sta gareggiando con lo stesso impegno di una finale olimpica, occorre osservare come oggi pomeriggio il grande sport fosse altrove: a Rostock per i Campionati Europei di Tuffi, a Gateshead per la Coppa Europa di Atletica, sui campi della World League, ai Campionati Europei di Basket femminile e via dicendo. Già negli scorsi giorni abbiamo sottolineato quanto i giochi del Mare Nostrum siano ormai anacronistici, ne stiamo dando contro per ragioni di cronaca ma l’esaltazione risiede da una altra parte.
Il movimento sportivo che si raccoglie intorno al Mediterraneo non spicca per contenuti tecnici: oltre all’Italia solo Spagna e Francia potenzialmente possono essere considerate nelle prime dieci potenze sportive. Si tratta, quindi, di competizione livellata verso il basso che per trovare un significato dovrebbe essere interpretata come lo fanno i nostri vicini, palestra di esperienza per i giovani, occasione per le seconde file che pochi momenti hanno per mettersi in luce. La grande Serbia della Pallanuoto, che pure per sua storia dovrebbe essere affamata di medaglie, ha scelto di inviare la rappresentativa Under 20. L’Italia, invece, ha costruito una gioiosa macchina da guerra, campioni multititolati all’interno della delegazione più ampia della storia dello sport tricolore, Olimpiadi incluse. Facile, quindi, troppo facile fare la parte del leone e apparire trionfatori, festeggiare la duemillesima medaglia italiana, vedere crescere ora dopo ora il tassametro di medaglie dal basso peso specifico. L’importante e lo diciamo ad una settimana dalla conclusione sarà mantenere i piedi per terra e non fare proclami sullo stato dello sport del Bel Paese che si può misurare solo in occasioni ben più impegnative.