Caro Thomas (Bach) ti scrivo, così mi distraggo un po’ e siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò… Thomas, ricordi quando eri un ragazzo? Erano gli anni ’60 e sognavi la fiamma olimpica che poi bruciò anche per te, leggenda della scherma. Allora: lasciamo passare un po’ di cose, lasciamo stare che quel periodo, quando eri un atleta, era un periodo poco chiaro. Lasciamo stare che un dossier sul doping di stato, ha toccato anche la tua Germania, allora a Ovest del Muro. Ma sì, dai, lasciamo stare anche che quel dossier portava anche verso il tuo nome, Thomas, portava il tuo nome e ti ha portato a esercitare il diritto di una giusta difesa. “Non c’era doping nella squadra di scherma del 1976 a Montreal”, hai detto. Ti credo. Poi tralasciamo il fatto che l’amico Sheikh Ahmad Al-Fahad Al-Sabah, sceicco che presiede l’associazione mondiale dei comitati olimpici, ti sia stato molto vicino. Questo non è un problema, anche se nel sistema è un contrappeso di favori dati e resi che può avere il bene di regalare gioie e dubbi. Più di qualcuno. Voglio solo dirti, caro Thomas, che se lo sport è ciò che più ti interessa al mondo (e la tua carriera sportiva e dirigenziale poi sta lì a dimostrarlo) allora questo è il momento di farlo vedere. Contro ogni elefantiasi olimpica, contro le manifestazioni requisite praticamente da sponsor creditizi che affittano tutti i posti ben prima della vendita dei biglietti, contro l’iperprofessionismo e lo stellismo, contro il doping, contro le truffe e i guanti di scherma truccati (scusa, Thomas…), contro chi bara e chi rovina quello per cui viviamo: contro tutto questo spero di vederti andare. Facendo tornare il mondo olimpico là dove deve stare. Sul pianeta terra, non su marte.