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Berrettini, la crisi da tie break: da Gstaad tutto è cambiato

Matteo Berrettini attraversa un momento complicato: subito out dal tabellone di Indian Wells. Un ko contro un avversario non irresistibile come il giapponese Taro Daniel, 103 del mondo. La sconfitta porta l’azzurro fuori dalla top 20 del ranking e lascia in eredità anche tante critiche legate a quanto accaduto lontano dal campo. Restando in ambito tennistico, però, emerge una certa tendenza a perdere nel tie break: quello che è sempre stato il suo punto di forza.

La prima discontinuità di risultati

Indian Wells 2023 certifica la prima vera crisi della carriera di Berrettini: è il primo periodo in cui gli mancano i risultati. Sinora Matteo aveva avuto discontinuità a livello fisico, ma in questo momento sta faticando tantissimo anche sul piano dei successi. Questione di gambe o di testa? I numeri non lasciano molto spazio alle interpretazioni e fissano una data e un luogo preciso dove tutto è cambiato. Gstaad 2022.

Immagine | EPA@David Guzman

Under pressure, Gstaad lo spartiacque verso la crisi

Berrettini, under pressure, era uno dei migliori. Nel 2018 aveva vinto 20 tie break su 30, pari al 67%. Nel 2019 se ne porta a casa 22 su 35, abbassandosi al 63%. Il 2020 è stato un anno particolare e non si può parlare di tendenza per l’esiguità dei match giocati. Dal 2021 Berrettini è il re del circuito sotto pressione. 18 tie break vinti su 25 pari al 72%. Nel 2022 lo spartiacque. Prima della sfida con Ruud, 11 vinti e 2 persi. 85%. Un mostro. Dopo aver perso la finale di Gstaad qualcosa è decisamente cambiato. In peggio. Da quel momento in poi ne ha vinti 5 e persi 12. Il 29%. Crollo. E poiché il tennis di Berrettini lo porta spesso a questa soluzione, vincere il 60-70% dei punti decisivi è un conto. Altrimenti è difficile avere ragione dell’avversario anche perché Matteo non è quel tipo di tennista che può permettersi di aspettare e giocare sull’errore dell’avversario.

Immagine| EPA@David Guzman

Gambe, testa e gossip

Al netto del gossip e delle voci che sostengono la tesi legata a troppe distrazioni dal tennis, occorre anche analizzare la questione fisica. Berrettini ha poche partite sulle gambe e se e quando la sfida si allunga, prende paga. Del resto a tennis si gioca da soli e non vi sono possibilità di essere coperti nei momenti di calo dai compagni di squadra. Dal punto di vista mentale, c’è poco da fare se non adeguarsi alle richieste di uno sport è fatto di strisce e di momenti. La differenza è nella capacità di assorbire le scorie di un momento negativo e uscire da momenti complicati. E adesso Berrettini deve dimostrare di essere forte. Sia di testa che di gambe. Il tennis lo aspetta…

Luigi Pellicone

43 anni, laureato in Lettere Moderne giornalista dal 2007. Da quando la serie A ha deciso di fare a meno del mio talento, ho riversato i miei lampi di classe nella scrittura. Seguo sport e politica sul campo senza soluzione di continuità. Circondato da sole donne in famiglia, mi preparo per le Olimpiadi fra 3000 siepi, salto in alto, in lungo e corsa a ostacoli, inseguendo, spesso invano, il mio inaffidabile labrador. Alle spalle, un paio di vite spese fra agenzie di stampa, quotidiani e siti web. Un presente e un futuro ovviamente, tutto da scrivere

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