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A Sochi, Bjoerndalen la leggenda pareggia il mito Daehlie

SOCHI 2014. Ole Einar Bjoerndalen, 40 anni e 16 di leggenda. Ole ha assunto oggi le dimensioni del mito senza tempo vincendo l’oro nella sprint di Biathlon. Ole è stato in grado di superare i limiti del tempo e dello spazio, lui che sul gradino più alto del podio di una rassegna olimpica ci era salito già nel 1998 a Nagano. Questo omone classe 1974 (è nato il 27 gennaio a Drammen) stasera andrà a dormire con il settimo oro olimpico della sua vita sul collo, un alloro corredato anche da alcuni danni collaterali che si chiamano 4 argenti e un bronzo, un oro che ha infiammato la fredda Norvegia per la quale lui è un monumento nazionale e raggiunge livelli di popolarità di un attore americano. Ha un palmares che probabilmente richiederà un museo per ospitare tutte le sue medaglie e le sue coppe, visto che a questa sua esistenza olimpica costellata di trionfi vanno aggiunti alcuni insignificanti corollari come 39 medaglie mondiali (con 19 ori tra individuale e gare a squadre), 99 vittorie in coppa del mondo che gli hanno fruttato il fatturato di 6 trionfi nella competizione.

Il vighingo immortale diventa oggi l’atleta più anziano ad aver vinto un oro olimpico, ma anche colui che si permette il lusso di andare a sedersi di fianco al dio del fondo Bjorn Daehlie che ha portato nella sua bacheca di casa 8 ori e 4 argenti. Se vogliamo, in base al peso del metallo, il fondista resta davanti, ma numericamente oggi l’uomo che fu sposo anche della nostra Natalie Santer, fa 12 pari in quanto a trionfi a Cinque Cerchi. Si può dire tutto di questo guerriero dei boschi e dei tiri, della sciata e della pancia a terra, sulla quale ha costruito il suo mito, ma la cosa forse più bella è forse data dal rapporto che Ole ha avuto con l’Italia e con Anterselva e Dobbiaco. Là ha costruito parte della sua leggenda, partita nel 1983 quando suo fratello maggiore Dag (che, assieme all’altro Bjoerndalen Hans, ha costituito con Ole il team di famiglia che ha fatto grande la Norvegia) lo ha messo sugli sci. E poi trionfi su trionfi, con il confine del possibile che si è spostato per più di 30 anni sugli sci con il fucile sulle spalle. Ole Einar Bjoerndalen è perfino il solo che è riuscito a fare la seguente impresa: vincendo, nella stagione 2006-2007, a Gallivare nella 15 km a tecnica libera, è divenuto anche l’unico atleta in grado di vincere in coppa del mondo sia nel suo biathlon, sia nel fondo.

La Norvegia è pazza di lui, di Daehlie e della Marit Bjoergen che oggi si è messa un oro al collo. Li venera come glorie nazionali e riserva per loro un posto speciale tra i padri della nazione. Il loro vivere nel freddo paese del nord è quello delle star rispettate e venerate. La passione più accesa, però, è per Bjorn e per lo stesso Ole. Entrambi hanno già aperte delle strade per una carriera politica e istituzionale, nella certezza che il paese ha e avrà bisogno del loro apporto per la crescita del movimento sportivo e per la crescita della società. Stando ai si dice è il suo canto del cigno: Ole Einar Bjoerndalen vuole vivere da protagonista questa Olimpiade russa, ma probabilmente ha intenzione di attraversare il traguardo finale della carriera, quello oltre il quale ci si stacca gli sci dai piedi, ci si toglie il fucile e non si spara più. Ci sono anche altri bersagli, oltre la pista, da mirare e da centrare. E la Norvegia ha bisogno di lui.

Francesco Facchini

Di professione #sharindaddy, racconto storie da 30 anni. Ho un futuro dietro le spalle fatto di un Mondiale e due Olimpiadi, ma anche di esperienze giornalistiche in ogni tipo di medium (oh, è latino, mi raccomando). Amo il calcio, quello vero, ma da quando ho visto la fiamma olimpica non mi sono più riavuto.

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