Ultima chiamata per Bol Manute Bol. I Suns saranno la nuova squadra dove dimostrare il suo valore di giocatore capace di spostare gli equilibri in questo Nba di uomini alti che tirano dalla distanza. Una nuova, e forse ultima, occasione per capire se il figlio del gigante, potrà trovare la definitiva consacrazione o dovrà riconsiderare la sua carriera.
Tagliato da Orlando, in cerca di identità
Bol è stato tagliato a sorpresa dagli Orlando Magic dopo essersi ben integrato e aver anche offerto, seppur a tratti, un rendimento brillante durante la scorsa stagione. Quanto basta ai detrattori per chiedersi se il figlio del gigante Manute sia una promessa o un figlio di papà. È una delle etichette contro cui deve lottare. Essere quello che è e portare il cognome che porta, del resto, non è facile. Suo padre ha lasciato, oltre che un segno indelebile in NBA, l’eredità di qualcosa che va ben oltre lo sport: si è letteralmente fatto in quattro per migliorare la situazione socio-politica estremamente amara del suo paese, il Sudan. Nel frattempo, il 23enne Bol ha collezionato diversi “no” anche piuttosto significativi. Fisico di porcellana, con i Ducks si è presentato sugli schermi NCAA e ha iniziato a essere considerato uno dei prospetti più promettenti. Sembrava essere tra i primi 5 ma a Miami nel 2019 è stato ingaggiato solo come 44esima scelta mentre in Oregon ha giocato solo nove partite fino a quando una frattura da stress al piede sinistro lo ha costretto allo stop, a fermarsi per il resto della stagione e a sperare che la franchigia non tenesse conto di una simile battuta d’arresto. Non è andata esattamente come sperato.
In giro per l’America, ma il tempo stringe
Bol è quindi passato a Denver. Ha anche esordito in Nba durante la bolla del 2020, ma non è stato abbastanza per convincere la dirigenza. Trasferito ai Pistons nel 2022, arriva un altro campanello d’allarme: Detroit aveva bocciato l’accordo perché il ragazzo non era riuscito a superare i test fisici necessari per completare l’operazione. Una nuova operazione, a gennaio, in questo caso al piede destro. Poi a marzo l’ennesima ricaduta che lo ha costretto nuovamente allo stop. A Orlando ha raggiunto il picco il 16 novembre con 26 punti, il suo record migliore da quando è in NBA. Insomma, è ancora lontano da ciò che era lecito attendersi e il tempo, in questo senso, non aiuta più di tanto anzi, è inversamente proporzionale all’asticella delle attese, dato che più si alzano le aspettative, più il cerchio intorno al ragazzo si stringe.