DOPING & CO. L’atletica del Kenya ha un problema ed è nell’occhio del ciclone doping: lo scorso anno si sono registrati ben 17 casi di positività, tre volte il numero dei casi registrati nei dieci anni precedenti. Mentre il governo ha lanciato una task force per investigare sulle accuse della WADA, Isaiah Kiplagat, presidente della Federazione di Atletica è molto diretto e identifica come principale ragione del problema la presenza sul suolo kenyano di decine di tecnici e preparatori atletici che si aggirano presso i campi di allenamento in modo “clandestino”. “Arrivano con visti turistici”, ha dichiarato Kiplagat, “come giornalisti o come fotografi ma poi li si trova impegnati ad allenare o a fare gli agenti di atleti come non sarebbe consentito dal loro permesso di ingresso. Sono dei fuorilegge che rinnovano i loro visti turistici senza controlli”.
Il presidente chiede alle autorità di far rispettare le leggi ed espellere nel più breve tempo possibile loro e gli atleti stranieri che sono nel paese senza aver ricevuto un formale invito o avere informato la Federazione locale. Al momento, se si escludono gli atleti che vivono nel centro del CIO in altitudine, solo 16 cinesi hanno ottenuto il permesso di allenarsi a Eldoret, la base dei mezzofondisti.
La denuncia è chiara, tecnici e preparatori fuori controllo, alla ricerca di rapidi ritorni economici, vanno in cerca di atleti non ancora affermati che stanno cercando di farsi un nome e li sfruttano convicendoli a prendere la scorciatoia del doping. Li si trova a Eldoret, Kapsabet e Iten e, secondo Kiplagat, sarebbe questi personaggi a introdurre in Kenya i prodotti vietati. Al doping si aggiunge una ulteriore preoccupazione, i tentativi di reclutamento e di cambio di nazionalità a favore di nazioni più ricche come la Russia, la Turchia e il Bahrein. “Stanno addirittura insegnando ai giovani la lingua russa. Se vogliono ingaggiare i nostri ragazzi devono seguire le regole stabilite dalla IAAF e non possiamo permettere che usino scorciatoie”.