DOPING & CO. La ricetta per battere il doping c’è e la racconta il professor Dario D’Ottavio, luminare della chimica che da anni è in prima linea nella lotta contro questo cancro che mina la salute degli sportivi e frequenta…ogni disciplina. Il professor D’Ottavio, per quattro anni componente della commissione di vigilanza sulla legge antidoping e referente per la Lotta al Doping del Consiglio Nazionale dei Chimici, ne ha parlato in un’intervista rilasciata ad Avvenire, al collega Massimiliano Castellani che è autore di un libro sui casi di doping nel mondo del calcio (“Palla Avvelenata”, editore Bradipo Libri). Un confronto serrato e approfondito, quello nato tra i due nel dialogo, un discorso che ha portato alla luce posizioni chiare da parte di D’Ottavio che non vuole reclinare la testa davanti al mostro. Primo argomento, i controlli. “Abbiamo lanciato l’allarme perché, nonostante i frequenti casi di positività, il tenore delle analisi non ha mostrato pogressi importanti. In Italia risultano positivi poco più del 2% degli atleti controllati, il che farebbe pensare che il fenomeno non esiste, ma sappiamo che non è così”. Il motivo di tanto disinteresse? “La piaga è che il doping porta profitti miliardari – è la laconica risposta -, mentre l’antidoping è un costo, un gioco a perdere…”. Poi l’affondo verso le leggi come la 376 che hanno perso efficacia. “Nel tempo sì. Inizialmente la Commissione antidoping doveva agire in autonomia rispetto allo sport, esautorandolo di fatto e togliendogli la possibilità di essere controllato e controllore. Col tempo la Commissione è stata esautorata dei poteri e ora non controlla gli atleti professionisti”. Come si può recuperare? “Beh innanzitutto – dice D’Ottavio – smettendo di interessarsi dei casi eclatanti legati ai grandi eventi. Il doping nel professionismo è soltanto la punta dell’iceberg. Il grosso del fenomeno, invece, si concentra nelle palestre e nello sport amatoriale. Parliamo di milioni di atleti che approfittano dei controlli obsoleti e li aggirano facilmente”. La ricetta? Eccola. “Per contrastare il fenomeno -rivela D’Ottavio ad Avvenire in edicola oggi – bisogna intensificare i controlli su vasta scala e far entrare nella normalità l’uso del passaporto biologico per tutti. L’atleta dovrebbe poi essere seguito con degli aggiornamenti dei suoi esami e si potrebbe poi procedere alla sospensione al momento di un’alterazione dei valori”. Un urlo, quello di D’Ottavio, nel silenzio.
Francesco FacchiniDi professione #sharindaddy, racconto storie da 30 anni. Ho un futuro dietro le spalle fatto di un Mondiale e due Olimpiadi, ma anche di esperienze giornalistiche in ogni tipo di medium (oh, è latino, mi raccomando). Amo il calcio, quello vero, ma da quando ho visto la fiamma olimpica non mi sono più riavuto.