PERSONAGGI (Trieste). Chi è vicino alla cinquantina ricorda certamente quell’esile e maliziosa guardia jugoslava che in ogni occasione con il suo tiro mortifero puniva gli avversari e con il quale spesso l’Italia e le squadre di club tricolori hanno dovuto fare i conti negli anni Settanta. Dragan Kicanovic, sessanta anni compiuti lo scorso 17 agosto, dopo essere stato uno dei più grandi giocatori di Basket europei, ministro dello sport ancora sotto la Jugoslavia e presidente del Comitato olimpico serbo, la settimana scorsa è stato nominato dal governo di Belgrado console generale della Repubblica di Serbia a Trieste, un incarico politico che sottende direttamente ai rapporti tra i due stati.
Fu lanciato a livello internazionale ai primi Campionati Europei cadetti della storia che si disputarono a Gorizia nel 1971 e in finale la Jugoslavia batté l’Italia 74-60 e vinse il titolo. Assieme a “Praja” Dalipagic ha formato nel Partizan Belgrado una delle più eccezionali coppie di giocatori mai viste in Europa portando il team al primo scudetto jugoslavo nel 1976. Con la Jugoslavia è stato poi medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Mosca nel 1980 (altra sconfitta italiana 77-86), ai mondiali di Manila nel 1978 (108-76 per gli slavi nel girone di semifinale, Italia quarta) e agli Europei di Spagna ’73 (73-71 contro l’Italia finita quinta nel girone preliminare), Jugoslavia ’75 (83-69 per i padroni di casa) e Belgio ’77 (88-69 in semifinale e azzurri quarti). Agli Europei ’83 vinti dall’Italia in cui militavano anche i triestini Alberto Tonut e Renzo Vecchiato andò in scena la storica rissa proprio contro gli azzurri che si impongono “finalmente” 91-76 nel girone e chiudono il dominio jugoslavo. Così la raccontò Mario Arceri nel libro L’Oro di Nantes: “Gli azzurri sono avanti per 73-62 al 15′, nel secondo tempo il parziale è stato di 37-20!. Uno scontro tra Drazen Petrovic e Gilardi fa esplodere la polveriera. Kicanovic si lancia in campo, colpisce Villalta poi fugge inseguito da Gamba e Galleani, mentre le due panchine si riversano sul parquet, una forbice nelle mani di Grbovic e lo stesso Rubini cerca di allungare qualche diretto ben assestato. Volano botte da orbi, tra gli jugoslavi sono Cosic e Dalipagic se ne restano tranquilli. “Praja” anzi viene colpito da Villalta e poi racconta: “Gli ho detto: Renato, ma che fai? Sono io. E lui mi ha risposto abbracciandomi: Scusa non me ne ero accorto“. Si rendono necessari parecchi minuti prima che il servizio d’ordine e la gendarmeria riescano a calmare gli animi”.
Kicanovic che stava concludendo la sua carriera nella Scavolini Pesaro, dove proprio quell’anno contribuì in modo determinante alla vittoria nella Coppa delle Coppe con 31 punti nella finale, non volle più tornare in Italia dopo aver dichiarato a caldo “Non tornerò più a giocare in Italia. La mia vita vale più di ogni altra cosa. Quello che è successo è terribile. Gli italiani volevano farmi fuori. ne ho avuto la certezza nel secondo episodio. Avevo visto Sacchetti prendere per i capelli Vilfan, sono entrato in campo per difenderlo, qualcuno mi ha colpito ed io ho risposto con un calcio a Villalta. Poi ho visto Gamba correre verso di me: voleva ammazzarmi, non sapevo di essere così importante”.