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Gerda Weissensteiner e l’Oro della discordia

STORIE. Sono trentasette le medaglie d’Oro italiane alle Olimpiadi invernali e Olympialab, seguendo il rintocco del conto alla rovescia verso la Cerimonia di Apertura, vi propone ogni giorno il loro racconto: non pura cronaca ma una lunga storia sul filo dorato di 56 anni di Giochi Olimpici

 

Gerda Weissensteiner e l’Oro della discordia

Una frase malaccorta, la immediata smentita, polemiche che montano e non restano solo sul piano delle parole: la medaglia d’Oro di Gerda Weissensteiner alle Olimpiadi di Lillehammer pochi minuti dopo la sua conquista diventa la medaglia della discordia. Siamo in un periodo nel quale da un lato, di fronte all’italiano spesso approssimativo dei figli altoatesini, qualcuno si senta in dovere di pretendere patenti di italianità e dall’altro sopravvivano, anzi emergano più forti, spinte di separatismo o distinguo pericolosi tra l’essere cittadini italiani e sentirsi italiani. Fare lo slalom tra queste trappole è più difficile che scendere a 120 km/h in un budello ghiacciato e proprio poche ore dopo che il presidente del CONI, Pescante, ha ufficialmente “arruolato” gli atleti altoatesini “Sono italiani veri” Gerda scivola su di una buccia di banana. Agli inviati di un giornale inglese dichiara di conoscere solo una lingua straniera, l’italiano. Poco dopo cerca di mettere una pezza, “Volevo dire solo che l’italiano non è la mia lingua materna. Ma io mi sento italiana, italianissima”. Questa ultima professione ha conseguenze che sfociano nel codice penale; al ritorno a casa l’azzurra riceve insulti e minacce, un paio di mesi dopo quando si reca alle esequie del fratello, deceduto in un incidente automobilistico, una azione punitiva verso chi ha “osato” festeggiare con il tricolore porta al furto della medaglia d’Oro. Per Gerda era stato decisamente più facile salire sul gradino più alto del podio a Lillehammer.

Nata il 3 gennaio 1969, Gerda cresce nel maso di Colle Pietra con il padre coltivatore, la mamma Marianna e sette fratelli. Come avviene da quelle parti sin da bambina la slitta è mezzo di locomozione fino a quando diventa occasione di attività sportiva. A 8 anni entra nel Club Sportivo Nova Levante, seguendo i consigli dello zio Siegfried . Come tutti inizia a gareggiare nello Slittino su strada dove inizia a collezionare titoli italiani giovanili fino alla medaglia di Bronzo ai Campionati Europei Juniores del 1984. E’ tempo di passare alla pista artificiale. Dopo il naturale apprendistato, la prima consacrazione avviene ai Campionati Mondiali di Winterberg nel 1989 con la medaglia d’Argento am già l’anno prima aveva fatto il suo esordio olimpico a Calgary, a 19 anni, con un quattordicesimo posto. E’ attesa come una delle possibili sorprese alle Olimpiadi di Albertville nel 1992 ma si lesiona il crociato di un ginocchio e si deve fermare per un mese nella preparazione finale. Nonostante tutto riesce a sfiorare il podio con un quarto posto a mezzo secondo dalla medaglia di Bronzo della tedesca Erdmann. Gerda non si perde d’animo e si inizia a prendere le sue rivincite la stagione successiva dove si laurea campione del mondo a Calgary e conquista la Coppa del Mondo. Il cambiamento nel calendario delle Olimpiadi invernali fa sì che l’occasione di rivincita a cinque cerchi arrivi, presto molto presto.

Sin dagli anni Ottanta la squadra italiana è affidata alla guida sapiente della altoatesina Brigitte Fink e per Lillehammer, dopo la delusione di due anni prima con il solo Bronzo del Doppio, si vogliono fare le cose per bene. Nonostante le raccomandazioni pro-tedesche del pilota della Ferrari, Gerhard Berger, la squadra azzurra riesce a testare gli slittini nella galleria del vento di Maranello (con risultati migliori di quanto avvenuto in tempi molto più recenti). Nella diaspora di specialisti della Germania Est seguita alla caduta del Muro, arriva un protagonista dell’Istituto di Lipsia, fiore all’occhiello del regime di Honecker, laboratorio alla base dei successi sportivi della DDR all’avanguardia nelle metodologie di preparazione e nel famigerato programma di doping di stato, molti vanno in Cina ma Friedrich Wilhelm Walther Jentzsch arriva a Bressanone e si occupa della preparazione a secco della Weissensteiner. In una estata, grazie a questo lavoro, Gerda passa dai sessanta chili di peso delle ultime stagioni ai sessantaquattro alla vigilia di Lillehammer, muscoli e potenza che fanno la differenza sin dalla fase di slancio.

Nel budello di ghiaccio norvegese, la slittinista azzurra scava subito un abisso tra sè e le avversarie, la sua superiorità è imbarazzante anche se Brigitte Fink ad ogni discesa chiude gli occhi perchè ogni discesa di Gerda può riservare sorprese. L’azzurra è già in vantaggio con il tempo di spinta, 23 millesimi, e alla fine della prima discesa ha 221 millesimi di margine sull’austriaca Tagwerker. Anche nella seconda discesa la Weissensteiner è la più veloce, anche se di soli 3 millesimi rispetto alla tedesca Erdmann, nonostante la perdita di aderenza di un pattino l’abbia portata vicino alla caduta. Al giro di boa della notte di riposo, il vantaggio, in uno sport come lo Slittino è più che rassicurante: 252 millesimi sulla tedesca Erdmann, 488 (mezzo secondo in pratica) sulla austriaca Tagwerker. Ma Gerda non sa controllare le gare, “Rischiare è l’ unico modo di correre che conosco: quando vengo giù, non alzo mai la testa perché non voglio vedere niente, non voglio sapere che rischi sto correndo. L’ ultimo giorno ho sempre avuto paura”. Ma la superiorità è tale che nella terza manche si permette di fare una curva in due tempi e di sbattere sul bordo e, nonostante tutto, è ancora la più veloce con 231 millesimi sull’altra azzurra Obkricher (quinta al termine della gara). Stessa musica nella discesa finale con 117 millesimi di vantaggio sulla Erdmann. La classifica generale parla chiaro: Gerda Weissensteiner è medaglia d’Oro con un vantaggio di 759 millesimi sulla Erdmann e un secondo e 135 millesimi sulla Tagweker. Gli statistici dicono che il suo vantaggio è nettamente superiore al vantaggio cumulato dalle vincitrici delle ultime tre Olimpiadi. Con il tripudio dei dirigenti e Gerda un passo indietro si è chiusa la parte facile dell’esperienza olimpica.

(18. continua)

Contenuto ceduto in esclusiva dall’agenzia alaNEWS. Riproduzione vietata. Anno 2014.

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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