TORINO. Nell’ultimo decennio di discipline sportive che sono profondamente cambiate per le esigenze dello show business è piena la storia. A partire dallo sci di fondo dove le esigenze dello spettacolo televisivo hanno infarcito il calendario di mass start, gare sull’uomo simili a lunghe tappe di avvicinamento di un giro ciclistico di seconda categoria con la solita soluzione allo sprint, quando furono le interval start a fare la leggenda di questo sport. Il pentathlon per rimanere alle Olimpiadi, dove gli sport ormai vengono scelti per quanto sono telegenici e non per la loro tradizione, si è trasformato in “quadrathlon” con il combined event: introduzione in questo caso felice ma lontana dalle tradizioni. Nello scorso quadriennio il tiro con l’arco è diventata lotteria dove non tutte le frecce hanno lo stesso valore, lo stesso da quest’anno accade nel tiro a segno e tiro a volo.
Si pensi al Nuoto di Fondo che in questi giorni fa la sua biennale apparizioni nelle case di tutti gli appassionati; in effetti la disciplina nella sua dizione ufficiale si dovrebbe chiamare Nuoto in Acque Libere, l’avversario è il mare, l’onda fatta, il vento. Dal Serpentine di Hyde Park al porto di Barcellona, invece, la tendenza è quella di una gara in una enorme vasca dove, a meno di tempeste forza sette, le acque sono tutt’altro che libere, e dove le decine di boe direzionali rendono le competizioni più simili a gare di stunt car con i nuotatori che fanno a sportellate. Da un lato finalmente le gare sono diventate fruibili dall’utente televisivo prima escluso dalla visione della gara nella loro interezza, dall’altro lo sport è cambiato, definitivamente, irrimediabilmente cambiato. E’ il prezzo che bisogna pagare per rimanere in vita in una società che misura tutto a colpi di audience.