TORINO. Siamo al giorno 3 della ripresa della vicenda Schwazer dopo le perquisizioni alla FIDAL e al CONI dell’altro giorno e le intercettazioni telefoniche pubblicate ieri da Il Sole 24 Ore, e alcuni aspetti fanno riflettere. La maggiore attenzione oggi non è rivolta alle evoluzioni del caso ma a commenti sparsi, dal pugile Oliva al presidente del CONI Malagò, sulla battuta captata di Schwazer che dice “Non ti frego, sono altoatesino non di Napoli”. Battuta sicuramente di cattivo gusto ma forse l’aspetto più accettabile di una vicenda i cui contorni, secondo la Procura di Bolzano, evidenzierebbero connivenze del sistema. E se così non fosse sicuramente si potrebbe parlare come minimo di superficialità altrettanto colpevole quanto meno dal punto di vista morale.
In questo paese per un paio di decenni il doping è stato sistema integrato con le istituzioni sportive, lo denuncia, senza aver mai ricevuto querele, il professor Donati nel suo libro Lo Sport del Doping e sarebbe sufficiente utilizzare lo stesso testo a mò di elenco telefonico a testimoniare come sia ancora sistema trovando nomi tra scranni più o meno alti, voci televisive, quadri dirigenziali e tecnici del movimento sportivo. Se l’indagine sul caso Schwazer sta producendo dei frutti lo si deve, ancora una volta, a Magistratura, NAS e Guardia di Finanza, i veri eroi italiani della lotta al doping. E’ vero che questi protagonisti hanno a disposizione mezzi di indagine dei quali federazioni sportive e CONI non possono avvalersi ma è pur vero che a leggere le cronache appaiono gli unici soggetti interessati a conoscere la verità.
A chi interessa il futuro dello sport pulito poco importa delle battute di cattivo gusto, centrale è, invece, scoprire quella verità e fare in modo che i colpevoli siano puniti a livello di giustizia sportiva e, se del caso, di giustizia civile e penale a tutti i livelli di coinvolgimento fosse anche necessario azzerare lo sport italiano.
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