CERCHI & PALAZZI. Tra poco più di un mese, a Buenos Aires, verranno assegnati i Giochi Olimpici del 2020 e la lotta è serratissima tra Tokyo, Istanbul e Madrid. Uno dei punti sui quali potrebbe giocarsi la manciata di voti decisivi è la lotta al doping, un tema dove la Spagna e la Turchia hanno i loro bei problemi. La settimana scorsa il presidente della Iaaf, Lamine Diack, uno dei grandi elettori tra un mese dichiarò che se Istanbul voleva avere qualche speranza avrebbe dovuto fare pulizia, dopo che solo negli ultimi mesi almeno una ventina di atleti turchi è risultata positiva ai controlli o ha presentato valori anomali nel passaporto biologico come la campionessa olimpica, Asli Cakir Alpetkin.
Cercando di porre un estremo rimedio, ieri il presidente della Federazione turca di Atletica, Mehmet Terzi ha fatto un passo indietro rassegnando le sue dimissioni dopo nove anni al timone. Facendo un bilancio della sua presidenza, Terzi ha ricordato che “gli atleti turchi hanno ottenuto risultati importanti, vinto medaglie”. A Pechino nel 2008 arrivarono le prime medaglie olimpiche, i due argenti di Elvan Abeylegesse (non sottilizzeremo sul fatto che si tratti di una etiope), a Londra vi fu la doppietta Alptekin-Bulut. “Come consiglio federale”, ha continuato Terzi, “eravamo consapevoli che questa crescita avrebbe comportato alcuni problemi. Uno dei notri problemi era proprio legato al fatto che l’aumentata competitività e i premi più altri avrebbero potuto portare gli atleti ad usare pratiche illecite. Ed è un dato di fatto che molti casi si siano verificati fuori dal controllo mio e dello staff tecnico della nazionale”.
Da parte sua, Egur Erdener, presidente del Comitato Olimpico turco, si è impegnato con il cambio di vertice a conseguire il risultato di ripulire l’ambiente. “Vi potranno essere altre positività ma è il prezzo che dovremo pagare per vedere in futuro giovani atleti puliti affermarsi a livello internazionale”.