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Calcio

Italia in bianco: storia di una maglia storica

Italia in campo contro la Spagna con la splendida maglia celebrativa dei 125 anni della Federazione Italiana Gioco Calcio. Tantissimi. Più di una vita. Una storia costellata di vittorie straordinarie ed eventi tragici, sportivamente ma non solo.

Perché la maglia bianca?

Immagine | Ansa

Gli azzurri scenderanno in campo per giocarsi la finale di Nations League in maglia bianca. Non è una novità. Anzi. È semplicemente la riproposizione della prima volta: è il 15 maggio 1910 quando si gioca contro la Francia. La maglia diventerà azzurra come il colore della casata dei Savoia, Re d’Italia solo in seguito… e porta bene. I primi anni della nazionale sono anche i più vincenti: nel 1930 la FIFA organizza la prima edizione della Coppa Rimet in Uruguay, ma la Federazione declina l’invito. Nel 1934 però la Coppa si gioca in Italia e l’occasione è importantissima: l’Italia è una grandissima squadra, guidata da un ottimo allenatore come Vittorio Pozzo e trascinata dal miglior giocatore di quei tempi, Giuseppe Meazza. Dagli anni ‘30 agli anni ‘40 la Nazionale vince come mai prima e dopo: in quattro anni, due titoli mondiali consecutivi, uno in casa e l’altro in Francia nel 1938, inframmezzato dal primo e sinora unico Oro Olimpico a Berlino del 1936.

Un lungo buio

Fra il 1938 e il 1958 la Seconda Guerra Mondiale lascia segni profondi nella nazione e il secondo dopoguerra è caratterizzato da un lutto gravissimo: nel 1949, l’aereo che trasporta il Grande Torino, che di fatto formava la nazionale, si schianta contro la Basilica di Superga. L’anno dopo si gioca in Brasile, la trasferta è in nave, il viaggio è un’Odissea: la squadra arriva a pezzi ed è eliminata al primo turno dalla Svezia. Il Mondiale del 1954 si gioca in Germania, fuori al primo turno. Nel 1958, il mondiale ospitato dalla Svezia non ci vede qualificati. Altri dispiaceri fra il 1962 e il 1968. La nazionale esce dai mondiali cileni, complice anche la “battaglia di Santiago”. Nel 1966 va anche peggio: si gioca in Inghilterra ma Pak Doo Ik è un dentista che opera senza anestesia. Eliminati dalla Corea del Nord. La generazione del dopoguerra lascia in eredità ottimi calciatori e l’Italia torna a essere temuta e rispettata. Nel 1968 arriva la prima vittoria ai Campionato Europei, dopo un digiuno di successi lungo 30 anni. Valcareggi è il secondo allenatore ad alzare al cielo un trofeo. I mondiali del 1970 vedono la Nazionale giocarsi la finale e la Coppa Rimet con il Brasile di Pelè, che avrebbe sconfitto anche la selezione del Paradiso. La sfida passerà alla storia per la celebre staffetta fra Mazzola e Rivera e i soli 6’ concessi al capitano del Milan. Nel 1974 ci si può riprovare, ma l’Italia esce al primo turno contro la Polonia. Nel 1978 nuova… staffetta sulla panchina azzurra. Bernardini cede il testimone a Bearzot, che con una Italia giovane e fresca sfiora il titolo uscendo in semifinale con l’Olanda. Quarto posto ma ottime prospettive.

Dal 1982: due mondiali, un Europeo e tanti rimpianti

Immagine | Ansa

Il calcio italiano torna in cima al Mondo nel 1982 con gli azzurri di Bearzot che, contro tutti i pronostici, vincono il Mondiale battendo tutte le più forti: Argentina, Brasile, Polonia e Germania Ovest. Il bis non riesce nel 1986: in Messico la nazionale esce agli ottavi con la Francia. Il testimone passa ad Azeglio Vicini, che disputa un grande Europeo in Germania Ovest nel 1988 centrando la semifinale. Gli anni ‘90 sono caratterizzati dalla maledizione dei calci di rigore: nel 1990 l’Italia esce in semifinale contro l’Argentina nel mondiale casalingo. Quattro anni dopo, anche peggio: Arrigo Sacchi si arrampica, sostenuto da Roberto Baggio a undici metri dal sogno del quarto titolo Mondiale, sfuggito dal dischetto per gli errori di Baresi, Massaro e del Divin Codino. Nel 1996, agli Europei in Inghilterra, ancora fatale un errore di Zola, contro la Germania che andrà a vincere il trofeo. Nel 1998 si chiude il cerchio: i sogni della nazionale di Cesare Maldini si schiantano sulla traversa colpita da Gigi Di Biagio nella serie dal dischetto contro la Francia. Dal 2000 al 2008 la Nazionale è una splendida realtà. Dino Zoff arriva a passo dal titolo europeo, ancora contro la Francia: il gol di Wiltord a tempo scaduto porta i transalpini sull’1-1. Azzurri poi sentenziati da Trezeguet. Due anni dopo, ai mondiali del 2002, Trapattoni, incappa nell’arbitraggio di Moreno al limite del sospetto e gli Azzurri cedono alla Corea del Sud. Il Trap non è fortunato: nel 2004 è vittima del “biscotto” fra Svezia e Danimarca, che elimina gli azzurri dagli Europei.

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Nel 2006, arriva il risarcimento danni: Italia Campione del Mondo a Berlino, in casa della Germania e ai calci di rigore contro la Francia. Agli Europei del 2008, gli azzurri di Donadoni resistono sino ai calci di rigore contro la Spagna. Fuori ai quarti di finale. Da allora, è un periodo buio: nel 2010 la Nazionale, riaffidata a Lippi, non riesce neanche a superare il primo turno ai mondiali sudafricani. Arriva Prandelli che nel 2012 arriva in finale all’Europeo, ma la sfida con la Spagna è impari: 0-4. Nel 2013 un terzo posto in Confederations Cup lascia sperare in un buon mondiale, ma nel 2014 l’Italia bissa il 2010 eliminata al girone. Antonio Conte guida una nazionale non eccelsa a giocarsi la semifinale Europea ai rigori nel 2016 con la Germania. E come al solito, va male dal dischetto.  Arriva Ventura che entra nella storia dalla porta sbagliata: eliminato dalla Svezia nei play off per i Mondiali del 2018.

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La risalita arriva con Mancini, splendido protagonista degli Europei del 2021 vinti contro ogni pronostico. Sembra un nuovo ciclo, ma l’eliminazione dai Mondiali del 2022 per mano della Macedonia del Nord riporta tutti sulla terra. Adesso con la Spagna si va a caccia di “vendetta” dopo l’eliminazione in semifinale della scorsa Nations League…

Luigi Pellicone

43 anni, laureato in Lettere Moderne giornalista dal 2007. Da quando la serie A ha deciso di fare a meno del mio talento, ho riversato i miei lampi di classe nella scrittura. Seguo sport e politica sul campo senza soluzione di continuità. Circondato da sole donne in famiglia, mi preparo per le Olimpiadi fra 3000 siepi, salto in alto, in lungo e corsa a ostacoli, inseguendo, spesso invano, il mio inaffidabile labrador. Alle spalle, un paio di vite spese fra agenzie di stampa, quotidiani e siti web. Un presente e un futuro ovviamente, tutto da scrivere

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