La crisi del Torino: Urbano Cairo sotto i riflettori insieme ai suoi giornali

La crisi del Torino: risultati deludenti, proteste dei tifosi e gestione controversa di Urbano Cairo al centro del dibattito

Nelle ultime dodici giornate di Serie A, la situazione del Torino si è fatta sempre più critica: la squadra ha perso ben otto partite, vincendone solo due, e si trova ora al dodicesimo posto in campionato. Con soli cinque punti di vantaggio rispetto alla terzultima posizione, che sancisce la retrocessione in Serie B, il club vive un periodo di forte difficoltà.

La frustrazione dei tifosi è palpabile, e le critiche verso il proprietario e presidente Urbano Cairo si fanno sempre più dure. Da tempo, anche nei momenti di relativa stabilità, i tifosi contestano una gestione considerata priva di ambizione, più focalizzata sulla stabilità economica che sul rafforzamento della squadra. Sempre più spesso, dagli spalti si alzano cori che invitano Cairo a vendere il club e lasciare il timone.

La crisi del Torino raccontata dai media

La crisi del Torino è un fatto evidente, ma il modo in cui viene narrata sui media italiani varia notevolmente. Questo è in parte dovuto al ruolo di Urbano Cairo come editore di testate di rilievo quali il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport, rispettivamente il quotidiano generalista e sportivo più diffusi in Italia. Su queste testate, il tema “crisi del Torino” è trattato con toni più indulgenti e, a volte, addirittura entusiastici nei confronti della squadra. Questo approccio risulta straniante rispetto alla realtà che i tifosi vivono ogni settimana.

La crisi del Torino: Urbano Cairo sotto i riflettori insieme ai suoi giornali
La crisi del Torino: Urbano Cairo sotto i riflettori insieme ai suoi giornali – ANSA – Olympialab.com

 

Diversamente, quotidiani come Repubblica e La Stampa, appartenenti al gruppo GEDI, spesso adottano toni più critici nei confronti di Cairo e della sua gestione. Va però ricordato che GEDI è di proprietà della famiglia Agnelli-Elkann, che controlla anche la Juventus, storica rivale del Torino. Questo potrebbe creare un conflitto d’interessi nella narrazione. Recentemente, La Stampa ha titolato in prima pagina “Disastro Cairo”, mentre Repubblica ha descritto la situazione con un eloquente “Sprofondo Toro. I tifosi contro Cairo”.

Anche il quotidiano sportivo Tuttosport, che non ha legami con GEDI o la Juventus, ha criticato duramente Cairo con titoli come “Cairo, così ha ancora senso?”. Questa varietà di approcci dimostra come la narrazione intorno al Torino sia fortemente polarizzata e influenzata dagli interessi editoriali.

Urbano Cairo acquistò il Torino nell’estate del 2005, quando il club era in Serie B e reduce da un fallimento economico. In breve tempo, la squadra tornò in Serie A, ma visse alti e bassi, alternando retrocessioni e promozioni. Dal 2012, il Torino è stabilmente in Serie A, ma i risultati sono stati spesso mediocri: tre volte nono, tre volte decimo, due settimi posti e, nei peggiori casi, sedicesimo o diciassettesimo.

I tifosi imputano a Cairo la mancanza di una visione ambiziosa, che ha relegato il club a campionati anonimi, senza obiettivi concreti da metà stagione in poi. La sensazione di stagnazione è palpabile anche quest’anno: dopo due stagioni con l’allenatore Ivan Juric, Cairo ha puntato su Paolo Vanoli, reduce dalla promozione in Serie A con il Venezia. Sebbene inizialmente la squadra sembrasse promettente, un susseguirsi di infortuni – tra cui quello del capitano Duván Zapata – e una rosa considerata insufficiente in termini di qualità hanno portato a un crollo delle prestazioni.

La situazione è aggravata dalle cessioni estive di due tra i migliori giocatori della squadra: Alessandro Buongiorno, passato al Napoli, e Raoul Bellanova, ceduto all’Atalanta. Nonostante gli introiti di quasi 60 milioni di euro, solo una minima parte è stata reinvestita per acquistare sostituti, che finora non si sono dimostrati all’altezza. Questa strategia ha acuito la frustrazione dei tifosi, già delusi da sei bilanci consecutivi chiusi in perdita.

La storia e la geografia del Torino alimentano le aspettative di una tifoseria appassionata, ma esasperata. Il club ha vinto sette Scudetti (l’ultimo nel 1976) e, negli anni Quaranta, era considerato la squadra più forte d’Italia, il leggendario Grande Torino. Nonostante questo glorioso passato, il presente è fatto di mediocrità, e i tifosi chiedono un cambiamento radicale. Le proteste contro Cairo si fanno sempre più frequenti: durante una partita contro l’Atalanta, circa cinquemila tifosi hanno sfilato in corteo con striscioni che recitavano “Il Toro siamo noi!” e “Cairo vattene”.

Cairo si difende sottolineando gli sforzi economici fatti per il club, dichiarando di aver “messo di tasca propria 72 milioni di euro”. Tuttavia, i tifosi contestano la mancanza di trasparenza e l’incapacità di costruire una squadra competitiva. Nel calciomercato estivo del 2024, il Torino ha speso circa 25 milioni, incassandone quasi 58: un saldo positivo che tuttavia non si è tradotto in un miglioramento qualitativo della rosa.

La narrativa intorno alla presidenza di Cairo è influenzata anche dal suo ruolo nel panorama editoriale. Sui giornali di sua proprietà, come il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport, le vicende del Torino vengono raccontate con toni spesso indulgenti, evitando di sottolineare i problemi strutturali del club. Per esempio, dopo una sconfitta per 2-0 contro il Bologna, la Gazzetta riportava le parole di Cairo che parlava di “buona gara”, ignorando la contestazione dei tifosi avvenuta subito dopo la partita.

In altri casi, la narrazione assume toni quasi grotteschi. Dopo quattro partite consecutive senza vittorie, la Gazzetta ha dedicato un articolo a celebrare Cairo come il presidente più longevo nella storia del Torino, definendolo “da record”. Questo contrasto con la realtà dei fatti alimenta la frustrazione dei tifosi e crea una percezione di disconnessione tra il club e la sua base di sostenitori.

La crisi del Torino evidenzia le difficoltà che le squadre di medio livello affrontano nel colmare il divario con le big della Serie A. Club come l’Atalanta e il Bologna sono riusciti, con progetti ambiziosi e coerenti, a migliorare il proprio status, ma il Torino non sembra seguire la stessa traiettoria. Nonostante la passione dei tifosi e le risorse di un proprietario influente, la squadra continua a vivere stagioni anonime, lontane dagli alti livelli che la tifoseria auspica.

Le prospettive future dipendono in gran parte dalla capacità di Cairo di riconquistare la fiducia dei tifosi, investendo adeguatamente nella squadra e dimostrando una visione ambiziosa per il club. In caso contrario, il rischio è che il malcontento cresca ulteriormente, con conseguenze imprevedibili per la stabilità della società.

La crisi del Torino è un caso emblematico di come una gestione percepita come poco ambiziosa possa alienare una tifoseria appassionata e compromettere il futuro di un club. Con un passato glorioso e un presente incerto, il Torino si trova a un bivio: risollevarsi o rimanere intrappolato nella mediocrità. Urbano Cairo, al centro delle critiche, ha il compito di dimostrare che il club può ambire a qualcosa di più che una semplice sopravvivenza in Serie A.