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La farfalla delle prime volte, Stefania Belmondo

STORIE. Sono trentasette le medaglie d’Oro italiane alle Olimpiadi invernali e Olympialab, seguendo il rintocco del conto alla rovescia verso la Cerimonia di Apertura, vi propone ogni giorno il loro racconto: non pura cronaca ma una lunga storia sul filo dorato di 56 anni di Giochi Olimpici.

 

La farfalla delle prime volte, Stefania Belmondo

Lo scotto dell’esordio olimpico, Stefania Belmondo lo ha già pagato nel 1988 quando a 19 anni appena compiuti era partita con le compagne di squadra in direzione Calgary per fungere da riserva. Fresca vincitrice della prima medaglia italiana nel Fondo femminile a un Campionato Mondiale, quello Juniores di Saalfelden dove aveva messo al collo l’Argento nella 5 km a tecnica classica e il Bronzo nella Staffetta 3×5 km (sesta nella 15 km a tecnica libera), la piemontese era stata aggregata alla delegazione olimpica composta da Guidina Del Sasso (la veterana del gruppo con i suoi 30 anni, undicesima nel 1986 nella classifica di Coppa del Mondo), Manuela Di Centa (alla sua prima vita fondistica non più che discreta frequentatrice, ventiquattresima nella 5 km quattro anni prima a Sarajevo), Bice Vanzetta (26 anni), Klara Angerer (ventitreenne altoatesina), Gabriella Carrel (ventunenne valdostana) e Elena Desderi, un anno più anziana di Stefania ma praticamente gemella sportiva proveniente dallo stesso bacino cuneese. E’ squadra che non nutre grandi ambizioni a differenza di quella maschile che punta alle medaglie con Marco Albarello e Maurilio De Zolt, è squadra con poca esperienza, poche gare di Coppa del Mondo per scelta tecnica.
La prima gara è la 10 km a tecnica classica, alla vigilia l’Italia dovrebbe schierarsi con Dal Sasso, Di Centa, Vanzetta e Carrel ma all’ultimo momento quest’ultima è sostituita dalla Belmondo che ha l’onore di partire con il pettorale 1. Apre le Olimpiadi del Fondo tra il visibilio del pubblico canadese. Dal Sasso undicesima è la migliore azzurra, la giovane Stefania è diciannovesima. Allenandosi per la 5 km Bice Vanzetta si frattura tibia e perone, Olimpiade finita per lei. Non c’è posto per la piemontese nella 5 km dove Manuela Di Centa, diciottesima, è la prima delle italiane. In Staffetta, a tecnica libera, con Angerer, Dal Sasso e Desderi, la Belmondo – che ottiene il settimo miglior tempo assoluto – chiude al decimo posto mentre nella 20 km a tecnica libera che chiude il programma, dove Manuela Di Centa è sesta, Stefania è ventinovesima. Vissuto l’esordio a cinque cerchi, la piemontese ritorna alla vita normale, alla crescita passo a passo verso l’elitè mondiale.

Quando quattro anni dopo la ritroviamo ad Albertville, Stefania Belmondo ha arricchito la sua bacheca con due Ori mondiali junior nel 1989 (15 km in tecnica libera e 5 km tecnica classica), la prima vittoria di una italiana in Coppa del Mondo nella 15 km a tecnica libera di Salt Lake City, il secondo posto nella classifica generale della sfera di cristallo nel 1991, la prima medaglia italiana al femminile ai Mondiali di Val di Fiemme del 1991 (Bronzo nella 15 km a tecnica classica) dove arriva anche l’Argento in Staffetta e nell’inizio della stagione olimpica le vittorie nella 10 km a tecnica libera a Silver Star e nella 30 km a tecnica libera a Cogne. A 23 anni è una campionessa affermata a tutto tondo che ha trovato sulla sua strada una russa, 5 mesi più anziana di lei, Elena Välbe a contrastarne il passo. Vi sono altre valide antagoniste come la ventiseienne russa Egorova o una Manuela Di Centa alla seconda, vincente, vita sportiva. Vi sono tutte le premesse per assistere alle Olimpiadi ad una battaglia tra Russia, anzi tra Squadra Unificata (quello che resta dell’Unione Sovietica dopo la sua disgregazione) dove spunta ancora qualche tuta CCCP e qualche falce e martello come logo qui e là, e Italia dove la squadra è completata da Gabriella Paruzzi e Bice Vanzetta.
Nelle attese della stampa e degli appassionati Stefania Belmondo, lo “scricciolo di Pietraporzio o “trapulin” dal piemontese, una Manuela Di Centa che alterna grandi prestazioni a malanni ed assenze e, nello Sci Alpino, Deborah Compagnoni sono la faccia rosa delle speranze di colpo grosso in terra di Francia. Con il suo spirito timido e introverso, la fondista della Val Stura non fa proclami “Vado alle Olimpiadi senza obiettiv precisi: potenzialmente posso vincere tutto, ma non mi pongo un traguardo. Cercherò di dare il massimo ma non mi sento di promettere nulla. In gare così importanti basta pochissimo per rovinare la festa”.

A Les Saisies, sede delle prove di Fondo, il programma inizia con la cinque chilometri in tecnica classica, la stessa gara del Bronzo mondiale dell’anno prima per la minuta italiana. A Pietraporzio non si vede la RAI, e i compaesani di Stefania, qualche decina, noleggiano un pullmann per andare fino sul confine e seguire la gara alla TV francese. La Egorova parte a testa bassa come un treno della Transiberiana – lei è di quelle parti – ed è al comando dal primo rilevamento cronometrico al traguardo. Oro mai in discussione. La Belmondo dopo due chilometri di gare è sesta, poi recupera e a metà gara è terza, con 3 decimi di vantaggio sulla Valbe. Lì però la sua azione perde efficacia e viene scavalcata dalla finlandese Lukkarinen, dalla stessa Valbe e dalla quarantenne Smetanina. Sul traguardo è quinta a venti secondi dal podio. Dall’ambiente azzurro si parla di sci non eccezionali, “per la prossima prova vedremo di darle gli sci vincenti” sembra ammettere Camillo Onesti, direttore del Fondo femminile. Stefania non fa polemiche ma radio-scarpa dice che la Federazione ha preteso che utilizzasse gli sci preparati dagli ski men federali e non quelli sciolinati, come sempre, dal fidanzato. Gabriella Paruzzi è ottima nona, mentre Bice Vanzetta si ritira all’undicesimo chilometro. Manuela Di Centa aveva rinunciato a partecipare alle prese con i postumi di una influenza e per non sprecare risorse in una gara ritenuta non congeniale.

Quattro giorni dopo il programma offre la 5 km in tecnica classica che è anche la prima prova della “combinata”. La Belmondo si è gettata dietro le spalle la 15, “Si riparte da zero. E’ sempre molto difficile, le avversarie sono le solite, sovietiche e finlandesi, più qualche outsider. Io ci provo. Mi auguro di partire alla pari nella gara di sabato”. C’è anche Manuela Di Centa, sdoganata dal suo allenatore personale, il finlandese Punkinnen. La prova più veloce del programma premia la finlandese Lukkarinen che nega per soli nove decimi il secondo Oro alla Egorova, la Valbe è ancora medaglia di Bronzo mentre Stefania è quarta, dopo essere stata terza a 1.6 km, a 12”4 dalla finlandese e a 3”5 dal terzo posto. Al secondo mancato tentativo lo “scricciolo” è amareggiato e scoraggiato, “su questa medaglia ci speravo”, dice trattenendo le lacrime, “non si possono buttare via certi risultati. Le altre sono più forti e ora diventa tutto difficile”. Manuela Di Centa, che chiude la gara con un mancamento e deve ricorrere all’ossigeno, è solo dodicesima, più indietro Paruzzi (23°) e Vanzetta (28°).

Quarantotto ore dopo c’è la 10 km in tecnica libera con partenza ad handicap basata sui distacchi della 5 km in tecnica classica. La Belmondo si trova decisamente meglio in tecnica libera ma potrebbe non bastare. Con i suoi 157 centimetri per 46 chili, l’azzurra ha solo una tattica: attaccare. Aggancia la Valbe e con la russa mette sui binari un treno che va ad assorbire Egorova e Lukkarinen; le tenta tutte per lasciare la compagnia ma a due terzi di gara deve arrendersi allo scatto in salita della Egorova. Stefania riesce ancora a reagire a nella discesa distacca la Valbe: arriva la medaglia d’Argento, la signora delle prime mette al collo la prima medaglia olimpica italiana nel Fondo al femminile. La Di Centa , con la bronchite, è decima, Paruzzi undicesima, Vanzetta ventesima. “E ne verranno tante altre” promette Stefi. “Lunedì la Staffetta” ma non pensa ancora alla 30 km finale, “Piano, piano. Io sono una specie di cassetto; adesso ho tirato fuori la 10 e ci ho messo la Staffetta”.

Nella prima frazione, flagellata dalla tormenta di neve, Bice Vanzetta limita i danni contro la Valbe e la norvegese Pedersen e passa il testimone con 1’10” di svantaggio. Mentre davanti si lotta tra Team Unificato e Norvegia per l’Oro – la spunteranno le prime – Manuela Di Centa, con il secondo tempo di frazione, porta l’Italia al quarto posto a metà gara, si difende Gabriella Paruzzi. Stefania Belmondo chiude partendo dalla sesta posizione per arrivare sul terzo gradino del podio con il migliore tempo assoluto della gara, recuperando anche 8” alla Egorova. “Sono felice”, le sue parole al traguardo, “Dopo aver gustato il sapore del podio con l’Argento della Combinata, ciò che più mi piace è adesso di poter dividere questo gusto con le mie compagne. Sono talmente contenta che stasera metterò la gonna, anche se si vedranno le mie gambe storte”.

Serena ma non appagata, Stefi guarda alla 30 km, “soddisfatta lo sono. Però ci provo ancora. Ho già ottenuto tantissimo, da queste Olimpiadi, ma se avrò qualche cosa di più tanto di guadagnato. Altrimenti andrà bene lo stesso”. E la Belmondo ha ancora benzina in corpo. Il suo allenatore le consiglia di attaccare e lei lo prende in parola. Al primo intermedio ha 6”4 di vantaggio sulla svizzera Albrecht, al più probante rilevamento dei 7 chilometri ha 28 secondi sulla Egorova, 45 sulla norvegese Nilsen, 51 sulla Valbe. Come per Nones a Grenoble, arriva il momento di naturale flessione: la Egorova riduce il divario, prima 17”, po 10”, a 6 chilometri dal traguardo la siberiana è a meno di 8 secondi dalla Belmondo. La Valbe ha, intanto, messo le mani sul Bronzo ma non può dire la sua nella lotta per l’Oro. Stefi attinge alle ultime risorse dopo due settimane così intense e Nostra Signora delle Prime Volte, sul traguardo precede, ma deve aspettare tre minuti e mezzo il suo arrivo per esserne sicura, la Egorova di 22”. E’ l’apoteosi. Quando arriva la russa, Stefania Belmondo esulta e poi ritrova la sua trasparente, serena consapevolezza: “Per la tensione avevo dormito pochissimo, forse quattro ore. Avevo anche mal di schiena. Ma non ho mai perso la fiducia. Sapevo che potevo farcela, anche se non era facile. Ho attaccato subito perchè era l’unica maniera per costringere la Egorova e la Valbe ad impegnarsi, e non conservare energie per i loro finali allo sprint. E’ andata bene, tutto è andato bene”. Manuela Di Centa, sesta, chiosa, “Stefi ormai è una splendida farfalla colorata d’Oro che vola in alto”.

 

(16. continua)

Contenuto ceduto in esclusiva dall’agenzia alaNEWS. Riproduzione vietata. Anno 2014.

Massimo Brignolo

Manager di una multinazionale, da quasi 50 anni guardo allo sport con gli occhi sognanti dell'eterno ragazzo. Negli ultimi anni, fulminato dall'aria olimpica respirata nella mia Torino, ho narrato lo sport a cinque cerchi, quello che raramente trova spazio nei media tradizionali. Non disdegno divagazioni nel calcio, mettendo da parte l'anima tifosa, che può ancora regalare storie eccezionali da narrare a modo mio.

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