Olympialab ha incontrato Nicola Sbetti, uno degli animatori di Progetto Sochi, per farsi raccontare il dietro le quinte del progetto
Come mai un gruppo di studenti e ricercatori ha deciso di dedicare la propria attenzione ad un evento sportivo come le Olimpiadi invernali?
«Sebbene la frase “lo sport deve restare separato dalla politica” sia costantemente ripetuta in una certa stampa e soprattutto da chi detiene il potere nelle istituzioni sportive, sappiamo benissimo che si tratta di mera retorica. Non è mai stato possibile né mai lo sarà; lo hanno ammesso persino gli ultimi tre presidenti del CIO. I Giochi di Sochi, saranno senza dubbio un grande evento sportivo, ma allo stesso tempo sono già un evento politico e sarebbe miope non considerarlo tale. Non si spiegherebbe se no, come mai il governo russo abbia consentito che l’Olimpiade divenisse la più costosa di sempre, edizioni estive incluse. Ecco perché Progetto Sochi 2014 ha ritenuto fondamentale analizzare nel dettaglio le molte complessità che sono fin qui emerse nell’organizzazione dei Giochi»
A tal proposito cosa ne pensi delle recenti dichiarazioni di Pescante?
«L’uscita è stata senz’altro grave e priva di sensibilità nei confronti LGBT; non capisco come mai nel XXI secolo le preferenze sessuali di un individuo possano ancora essere oggetto di discrimine e in questo senso segnalo l’importante campagna NoDiSex lanciata da Mauro Valeri e da Sportallarovescia. In un certo senso però Pescante ha ragione. Non c’è dubbio infatti che la scelta del governo degli Stati Uniti di inviare a capo della delegazione Billie Jean King e Caitlin Cahow sia politica ed evidenzia chiaramente come i rapporti tra Russia e Stati Uniti si siano estremamente raffreddati dal 2008 ad oggi. Pescante ha anche ragione nell’affermare che “certe battaglie politiche non possono essere portate avanti solo alle Olimpiadi”, ma data la sua grande abilità diplomatico-sportiva, penso sappia benissimo che lo sport, in quanto fenomeno politicamente periferico ma altamente visibile, si presta da sempre a grandi strumentalizzazioni di questo tipo. Bisognerebbe però prendere atto de fatto che la politicizzazione di Obama è un atto reattivo. Il primo a politicizzare l’arena olimpica è stato Putin».
In che modo?
«Per ottenere i Giochi Olimpici Putin ci ha messo la faccia. Inoltre la strategia sportiva del Cremlino è chiara. Organizzare senza badare a spese grandi eventi sportivi internazionali è funzionale: a rafforzare l’immagine e il soft power della Russia, a sviluppare la presenza nelle periferie dove il controllo di Mosca è assai debole e infine per mantenere i sostegno delle élite politico-economiche e delle masse. Insomma anche la strumentalizzazione russa è abbastanza evidente anche se non priva di limiti».
Quali?
«Legando la propria immagine a quella dei Giochi, Vladimir Putin ha fatto un azzardo che mette a repentaglio i Giochi stessi. Mai come in questa edizione colpire i Giochi vuol dire colpire Mosca e il suo governo. Ecco perché nell’eBook la questione terrorismo e sicurezza è particolarmente approfondita. L’apparato di sicurezza è impressionante ma il rischio rimane».
A proposito dell’eBook, come mai la scelta di un prezzo simbolico?
«La scelta è stata chiara e condivisa; con 99 centesimi poi comprarti un caffè, ma non un quotidiano. Sappiamo che il nostro prodotto vale di più ma, in un momento di crisi, vogliamo essere letti da un pubblico più vasto possibile. Chi vuole può comunque aiutarci a finanziarci tramite il crowdfunding. Un sistema attraverso il quale per ogni offerta si riceve anche una ricompensa».
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