STORIE. Sono trentasette le medaglie d’Oro italiane alle Olimpiadi invernali e Olympialab, seguendo il rintocco del conto alla rovescia verso la Cerimonia di Apertura, vi propone ogni giorno il loro racconto: non pura cronaca ma una lunga storia sul filo dorato di 56 anni di Giochi Olimpici
La staffetta del Fondo batte la Norvegia a Lillehammer. Fu vera gloria?
Anni eccezionali e anni maledetti: gli anni Novanta dello Sci di Fondo hanno offerto grandi emozioni, anche e soprattutto in Casa Italia, e con il passare del tempo hanno riservato rivelazioni devastanti di una disciplina che è stata palestra di medici e stregoni. Se dopo venti anni si legge il medagliere maschile delle Olimpiadi di Lillehammer nessuno si salva da evidenze processuali o da sospetti decisamente fondati di pratiche che nell’occasione norvegese o in prove successive erano volte ad alterare la prestazione. Uno spettacolo desolante che ricorda i fondali finti alla Hollywood o una fiction sudamericana di terza serie che toglie ogni certezza e non concede di comprendere se fu vera gloria per nessuno dei protagonisti. Il fatto è che l’appassionato italiano ignaro di quanto stesse accadendo, non si può giurare che la stessa inconsapevolezza valga per gli addetti ai lavori – stampa compresa – che arrivavano persino ad elogiare le nuove frontiere della scienza applicata allo sport senza sollevare la minima obiezione, il 22 febbraio 1994 visse una giornata difficile da dimenticare.
A Lillehammer, Norvegia, patria dello Sci Nordico, di fronte a 150.000 spettatori, in grande maggioranza norvegesi, tra i quali re Harald, è in programma la staffetta maschile 4 x 10 chilometri. Deve essere il giorno del trionfo degli atleti di casa che paiono lanciati verso il grande slam, che hanno già ottenuto due anni prima a Albertville, dopo le vittorie di Bjorn Daehlie nei 10 km a tecnica classica e nella successiva Pursuit, e la doppietta Alsgaard-Daehlie nella 30 km a tecnica libera. La Norvegia è campione del mondo in carica grazie alla vittoria del 1993 a Falun dove l’Italia conquistò la medaglia d’Argento. Gli azzurri, al maschile, hanno già vinto due medaglie di Bronzo, con Marco Albarello nei 10 km e con Silvio Fauner nella Pursuit. Con l’Italia a rovinare la festa del pubblico di casa potrebbe esserci anche la Finlandia, Bronzo ad Albertville, che ha raccolto il terzo di Mika Myllyla nella 30 km.
Nel suo cammino verso l’atteso trionfo la Norvegia schiera Sture Sivertsen (vincitore della medaglia d’Oro nella 10 km a tecnica classica ai Mondiali dell’anno prima), il trentenne mito Vegard Ulvang – due Ori e un Argento individuali a Albertville – al rientro da un infortunio e dal trauma della perdita del fratello pochi mesi prima, il ventiduenne Thomas Alsgaard alla sua prima esperienza a questi livelli ma già Oro nella 30 km a tecnica libera e in ultima frazione Daehlie, due Ori e un Argento a Albertville, due Ori ai Campionati Mondiali di Falun, il campionissimo dello Sci di Fondo in quelle annate. Tre Coppe del Mondo nelle ultime quattro stagioni in campo. L’Italia risponde con il quarantatreenne Maurilio De Zolt in prima frazione, il Grillo che a Calgary e ad Albertville vinse l’Argento nella 50 km, la maratona delle nevi, campione del mondo nel 1987 sulla stessa distanza. Viene poi il valdostano Marco Albarello, campione del mondo nella 15 km nel 1987, un Argento nella 10 km ad Albertville. Il testimone per la terza frazione è affidato a Giorgio Vanzetta, due medaglie di Bronzo nei Giochi del 1992 nella Pursuit e nella 50 km, mentre la chiusura sarà per Silvio Fauner che ha già conquistato la medaglia di Bronzo nella Pursuit così come ha fatto l’anno precedente ai Campionati Mondiali. E’ la stessa formazione che ai Mondiali è arrivata al secondo posto e, per tre quarti – De Zolt per Puliè – che ha vinto la medaglia d’Argento alle Olimpiadi di Albertville. “La soluzione ideale sarebbe Vanzetta in prima e De Zolt in terza” dice Marco Albarello “ma il trentino non se la sente di fare il lancio. Rischiamo Maurilio, ma se terrà il grillo ne vedremo delle belle”. Gli osservatori esterni sono unanimi: la medaglia d’Oro pare già al collo dei padroni di casa mentre l’Italia può puntare al secondo gradino del podio con un terzo incomodo finlandese che prende i nomi di Mika Myllyla, Harri Kirvesniemi, Jari Rasanen e Jari Isometsa.
La mattina del grande giorno il sole brilla sul Birkerbeineren Stadium. Il lancio, come previsto, è complesso: De Zolt non è uno scattista e la tecnica classica non è il piatto forte della casa. Resta ingolfato nella pancia del gruppo, poi passo dopo passo si mette sulle tracce di Siversten, al quale rende 13 anni e 20 centimetri di altezza, e di Myllyla che duellano in testa. Il “grillo” resiste e al termine della sua frazione paga solo 9”8 a Norvegia e Finlandia. Marco Albarello vede le sue speranze realizzarsi e prende il testimone per sfidare due mostri sacri dello sci nordico come Ulvang e Kirvesniemi. Chilometro dopo chilometro i cinquanta metri di distacco si riducono, il valdostano aggancia i due, in una fase concitata della battaglia un suo movimento rompe il bastoncino al finlandese che alla fine protesterà. All’ultima curva Albarello brucia i due compagni di ventura e a metà gara in tre piombano sul traguardo con l’Italia che ha mezzo secondo di vantaggio sulla Norvegia e un secondo sulla Finlandia. Zero a zero palla al centro, ci si gioca tutto nelle due frazioni a tecnica libera. La coalizione scandinava Alsgaard-Rasanen fa gioco di squadra per fiaccare la resistenza di Giorgio Vanzetta che non si spaventa, prova ad attaccare e quando il finlandese cerca di fare il buco rimane incollato agli sci di Rasanen. Al terzo e ultimo cambio è la Finlandia ad avere il primato tutto teorico con mezzo secondo sull’Italia e un secondo sulla Norvegia. Gli altri sono distanti anni luce, Daehlie, Fauner e Isometsa si giocano partendo alla pari le posizioni sul podio. Il norvegese parte a testa bassa, l’azzurro gli è metro dopo metro sulle code come un ciclista succhiaruote, il finlandese non regge il ritmo forsennato e crolla (al termine avrà un distacco di più di un minuto). Daehlie le prova tutte per staccare Fauner, allo sprint ha già subito almeno un paio di pesanti sconfitte con l’italiano, ma continua a sentire il fiato dell’azzurro sul collo. Come in una classica ciclistica ci si prepara allo sprint finale, il norvegese non vuole partire nella difficile prima posizione fornendo un punto di riferimento a Sissio Fauner, a un paio di chilometri dal traguardo quasi si ferma cercando di farlo passare ma l’azzurro non cade nella trappola. Nei giorni precedenti aveva studiato metro per metro gli ultimi duecento metri studiando come impostare una eventuale volata. Poi Fauner nell’ultima salitina parte, Daehlie lo segue. Si entra nell’anfiteatro e il pubblico è trasformato in una unica bandiera norvegese, l’urlo Heja Heja Norge è assordante. Negli ultimi duecento metri, l’azzurro ha due metri di vantaggio, il norvegese cerca di saltarlo sulla destra. Ma Fauner continua a spingere fino alla fotocellula. Vince, alza le braccia al cielo, Daehlie scuote la testa, cala il silenzio su Lillehammer. E’ come l’Italia del calcio che vince a Wembley, il Settebello che due anni prima a Barcellona ha vinto l’Oro contro tutta la Spagna, re compreso. In Casa Italia piangono in tanti, il commissario tecnico Vanoi racconta “Abbiamo vinto perchè ci credevamo. E perchè i norvegesi avevano paura. Ci spiavano da giorni, non capivano cosa avremmo fatto. Ma abbiamo vinto anche perchè i ragazzi sono stati bravissimi, ognuno ha dato il massimo”. Sono momenti indimenticabili per chi li ha vissuti anche solo da spettatore davanti alla televisione.
Quattro anni e mezzo dopo, il 29 ottobre 1998, i NAS sequestrano nel Centro di studi biomedici applicati allo sport dell’Università di Ferrara, file che mostrano variazioni e valori di ematocrito sospetti nei giorni della grande vittoria (56,5% Silvio Fauner, 54,2% De Zolt, 53,7% Giorgio Vanzetta, 57,5% Marco Albarello) [fonte: Enciclopedia dello Sport Treccani]. Sulla base di queste evidenze, non solo limitate allo Sci di Fondo, la sentenza del processo, depositata il 16 febbraio 2004, assolve per prescrizione del reato Conconi e i suoi collaboratori Giovanni Grazzi e Ilario Casoni, ma denuncia che avevano “per alcuni anni e con assoluta continuità fiancheggiato gli atleti elencati (tra i quali i quattro protagonisti della Staffetta) nella loro assunzione di eritropoietina (EPO), sostenendoli e di fatto incoraggiandoli nell’assunzione stessa con la loro tranquillizzante e garante rete di controlli dello stato di salute, di esami, di analisi, di test tesi a valutare e ottimizzare gli esiti dell’assunzione in vista dei risultati sportivi”. Lo scorso anno, a diciannove anni di distanza, la TV norvegese NRK trasmette dopo aver verificato le fonti e averle ritenute attendibili un documentario svedese che rivela come ai campionati mondiali del 1995, l’anno successivo a Lillehammer, tutti i medagliati – di tutte le nazioni compresi i maestri norvegesi – presentassero valori di emoglobina decisamente sospetti dai 18 ai 20 grammi per decilitro, valori non solo indizi di una probabile manipolazione ematica ma che rappresentano un altissimo rischio per la salute degli atleti. Nel 2001, ai Campionati Mondiali di Lahti, si scatena la bufera e la vergogna sulla squadra finlandese: Myllyla, Kirvesniemi, Isometsa e altri tre compagni risultano positivi per aver assunto l’HES, un potenziatore di plasma usato nelle terapie d’emergenza, utile per coprire l’uso di EPO. Nell’autunno del 2012 il film d’inchiesta finnico (all’estero si investiga anche sulle pagine buie) Sinivalkoinen valhe – La menzogna bianco blu rivela che già dagli anni novanta il ricorso vietato all’autoemotrasfusione e l’assunzione di EPO erano pratica diffusa tra i fondisti finlandesi.
Fu, quindi, vera gloria o una fiction di terza serie con protagonisti di cartapesta?
[Nota: la scienza dimostra facilmente che gli effetti sulle prestazioni del ricorso a pratiche dopanti sono diversi tra soggetto e soggetto e dipendono dalla “qualità” del programma. Pertanto la banale giustificazione che ancor oggi si sente secondo la quale, se tutti hanno fatto ricorso a pratiche non ammesse, i vincitori avrebbero ottenuto analoghi risultati in situazione non alterata non ha alcuna base scientifica. L’autore ritiene, inoltre, che eticamente il ricorso a pratiche non ammesse per “legittima difesa” non rappresenti una attenuante]