“Aspettavo un segno qualsiasi che mi dicesse com’ero andato”, dirà ai giornalisti Pietro, “Sinceramente non mi sono reso conto di aver fatto il record del mondo se non quando ho visto il presidente Nebiolo saltellare quasi fosse un atleta. Allora ho alzato gli occhi, ormai quasi certo di aver fatto un grande tempo. Tutti i sacrifici ti vengono pagati da queste cose che restano nella storia dell’atletica. Mennea uguale volontà, Vittori bravura o meglio ancora professionalità. Da lui ho imparato tante cose: ci vediamo solo negli allenamenti. Non è che facciamo vita comune, eppure per me è sempre stato come un fratello, come un secondo padre”.
Come raccontava , trent’anni dopo, Emanuela Audisio su Repubblica, “Pietro Paolo Mennea di Barletta corse la sua curva: senza perdere velocità, con la spalla sinistra più bassa, remò per contenere la sbandata. Il professor Carlo Vittori, suo allenatore, notò che i muscoli del viso non erano contratti. Faticava come una bestia invece il polacco Leszek Dunecki. Gli avevano detto di fare la gara sul ragazzo italiano, di stargli dietro. Ma dov’era? Laggiù, sei metri più avanti, in un altro secolo, già arrivato. 19″72, record del mondo, nei 200 metri. «Il pubblico urlò. Io capii, ma non ero sicuro. Non c’erano tabelloni elettrici, allora. Mi girai. L’unico cronometro era alla partenza. Guardai le cifre, forse che avevano sbagliato anno? Eravamo nel ’79 non nel ’72, poi mi vennero tutti addosso, ci fu una grande confusione”.
Lo stesso professor Vittori, pure abituato alle imprese del barlettano commentava “E’ un grande record, un record vero.’Pietro ha superato il precedente di-Smith di ben 11 centesimi, non di un soffio. Qui non si può recriminare su niente. C’era un po’ di vento, che in curva ha però danneggiato Pietro. Ho capito che poteva fare ancora grandi cose quando l’ho lassciato andare in pista. Era nervoso, arrabbiato forse per la prova un po’ opaca del giorno precedente, quindi carico di energia. Io del resto avevo già fatto i conti dopo il 10″01 sui 100. Facendo la tara, di 20 o 30 centesimi di secondo, quel tempo per me significava il primato del mondo sui 200 a questa quota”.
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