È scomparso all’improvviso Andreas Brehme. Aveva 63 anni e una lunga carriera vittoriosa alle spalle. È stato fatale un arresto cardiaco, poco più di un mese dopo la morte di un’altra leggenda tedesca, Franz Beckenbauer, che tra le tante cose stupende fatte nel calcio, da ct aveva guidato la Germania Ovest al titolo Mondiale a Italia ’90, battendo all’Olimpico di Roma l’Argentina di Diego Armando Maradona, campione in carica. Il gol su rigore, contestatissimo dall’Albiceleste, fu realizzato dal terzino dell’Inter, Brehme.
Lui che era ambidestro riuscì a stravolgere un portiere esperto – e l’Italia di Azeglio Vicini se lo ricorda bene, vista l’eliminazione in semifinale – come Goycochea. Dopo il malore, Brehme è stato trasportato al pronto soccorso della clinica in Ziemssenstraße, vicino alla sua abitazione, ma non è servito per salvargli la vita. L’ex terzino lascia la compagna Susanne Schaefer e due figli adulti avuti dall’ex moglie Pilar. «Un giocatore magnifico, un grande interista. Ciao Andy, per sempre leggenda», il post su X dell’Inter. E ieri prima dell’andata degli ottavi di Champions, il club nerazzurro lo ha ricordato con un minuto di silenzio.
La carriera
Brehme era nato ad Amburgo, nell’allora Germania Ovest, il 9 novembre 1960, innamorandosi subito del calcio grazie al padre Bernd, anche lui calciatore ma non ai livelli raggiunto poi dal figlio con la sua chioma bionda. A soli cinque anni Andy entrò nel settore Giovanile del Barmbek-Uhlenhorst, squadra del quartiere dove è nato, e dopo aver fatto tutta la trafila approdò al Saarbrücken. Nel 1987, dopo una Bundesliga e una Supercoppa con il Bayern Monaco, il suo sbarco in Italia. Arrivò all’Inter e diventò, appunto, uno dei calciatori più importanti della squadra di Giovanni Trapattoni, insieme ad altri due tedeschi: Lothar Matthaeus e Jurgen Klinsmann.
Nel 1992 andò in Spagna, alla Real Saragozza, ma dopo un solo anno tornò in Germania al Kaiserslautern, dove chiuse la carriera nel 1998, vincendo una Coppa di Germania e un altro campionato. Aveva un mancino fatato, con il quale batteva con straordinaria efficacia i calci da fermo e regalava cross meravigliosi ai suoi centravanti. Era anche un discreto goleador e se lo ricorda bene l’Olanda dei tre olandesi, sempre a Italia ’90. Una gara giocata a San Siro, lo stadio di Brehme.
I guai
Una volta dato l’addio al calcio, per Brehme sono arrivati i primi guai: un’indagine per guida in stato di ebbrezza (che si risolse in un nulla di fatto), poi il suo matrimonio con Pilar in frantumi con tanto di divorzio nel 2010. E una crisi finanziaria ed economica devastante. Dovendo pagare gli alimenti alla moglie, andò in seria difficoltà, ipotecando la casa di Montecarlo per non affondare nei debiti. Partecipò a un reality televisivo nel tentativo di guadagnare qualche soldo. Non ha mai chiesto aiuto, forse per vergogna, ma a tendergli la mano fu il suo ex ct, Beckenbauer. Il Bayern Monaco lo aveva assunto come osservatore del club, riuscendo a risollevarsi economicamente.
Brehme è sempre rimasto legato all’Italia, all’Inter e ai suoi vecchi amici. Tanto da avere una chat con chi ha condiviso con lui l’avventura a Milano. Si chiama “Inter-Trap” ed è lì che tutti loro, Brehme compreso, come ha spiegato Giuseppe Bergomi in collegamento con Sky Sport, si sentivano e cercavano di organizzarsi per vedersi. “Venti giorni fa Brehme mi ha detto ‘vengo a vedere Inter-Salernitana e mi fermo anche per l’Atletico’. Invece non l’ho sentito, il giorno prima mi avvisava sempre. Era un compagno vero, un amico. Nella nostra chat, ci viene a mancare una persona speciale. Ci mancherà tanto”, ha detto.