STORIE (Torino). E’ stato aperto sette mesi fa nel cuore dello Stadio Olimpico grazie agli sforzi del vulcanico Onorato Arisi, eppure il Museo dello Sport di Torino rischia una chiusura prematura. A novembre Arisi aveva dichiarato “Ho realizzato il mio sogno: creare una casa per i campioni, regalare a chi mi ha fatto battere il cuore con un’impresa sportiva un luogo ove coltivare la memoria”. E per un appassionato c’è da perdersi negli 800 metri quadrati di esposizione: i cimeli dello schermidore Edoardo Mangiarotti, del compianto Giovanni Parisi, degli sciatori Piero Gros e Stefania Belmondo, la slitta dell’esploratore Ambrogio Fogar, il casco di Ayrton Senna, i guanti di Mohammed Alì.
Dopo sette mesi Onorato Arisi è esasperato: “Sono furibondo. Ho fatto tutto da solo senza sussidi e sostegni esterni. Mi erano state date garanzie di visibilità e legate alla comunicazione di quella che consideravo e considero ancora una valenza importante per la città. Finora tali garanzie non sono state rispettate. Lo Stadio Olimpico è un qualcosa di asettico, poco sentito dalla Città e quindi dalla cittadinanza. Non sono certo il solo a dover operare per valorizzarlo. Dovrebbe essere la Città in prima istanza a farlo, attraverso i giusti circuiti. Consideriamo che pago un affitto per esserci e dovrei dare una percentuale degli incassi del Museo. Mi sembra veramente troppo”. “Nei prossimi giorni auspico un incontro con l’assessore alla Cultura della Città di Torino, Braccialarghe, finalizzato all’inserimento della mia struttura nei percorsi di visita turistici e scolastici. Avendo aperto nello scorso novembre non sarebbe stato possibile farlo per la stagione conclusa ma per la prossima sarà improrogabile. Confido anche nei prossimi World Masters Game e nelle Agenzie che si occuperanno dell’incoming. Torino, in sintesi, pare non accorgersi dell’unicità di questo Museo. Non esiste al mondo, all’interno di uno stadio di calcio, una struttura similare che dia lustro all’intero panorama del movimento sportivo. I campioni delle diverse discipline stanno facendo a gara per esserci e lasciare delle testimonianze. Sono stati tra i primi ad aver apprezzato l’impresa. Un esempio. Matteo Manassero ha voluto esserci non appena ha saputo della presenza dei fratelli Molinari. Prossimamente, è già a disposizione, inserirò la canoa della Ministra Josefa Idem tra i cimeli di “culto”.
Il tempo ormai stringe. Se nulla dovesse succedere entro Ferragosto Arisi sarà costretto a chiudere, vendendo il Museo ad altri, magari al CONI romano che pare aver voglia di dar vita ad un qualcosa di analogo oppure disperdere quanto raccolto. Sarebbe una sconfitta di tutti.