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NBA e gli italiani,   Datome è il sesto

Stefano Rusconi

PALLACANESTRO (Roma). “Number fifty-one, Stefàno Rùsconi”. Recita così Calvin Murphy, ex star della Nba e voce storica della NBC, al Summit di Houston in una fredda sera del novembre 1995. C’è in effetti curiosità oltreoceano, nei confronti di questo pivottone biondo arrivato dall’Italia che per primo tenta la sfida di voler giocare tra i “mostri” della palla al cesto della Nba. La gara è quella che vede proprio i Rockets campioni in carica di Olajuwon e Barkley affrontare i Phoenix Suns, squadra che per 8 lunghi anni è stata l’habitat di Sir Charles. E proprio gli arancio-viola di Arizona hanno deciso di puntare sul corpaccione di questo poderoso lungo nativo di Bassano del Grappa.

In realtà non è davvero il primo italiano tra i pro: prima di lui, che ha firmato il 14 giugno, il 7 si è accasato con i Toronto Raptors, franchigia appena nata sui Grandi Laghi, uno scugnizzo casertano dal rilascio di tiro velocissimo ma col fisico da giocatore di serie C-2: si chiama Vincenzo Esposito, e solo 4 anni prima ha portato Caserta nel gotha del basket del Belpaese con uno storico scudetto. Un po’ come vedere la Dinamo Tiblisi vincere la Coppa dei Campioni, in termini calcistici.

Ma tant’è, è Rusconi il primo ad esordire: ha scelto il numero 51, che non è altro che il 15 che indossava alla Benetton Treviso invertito. Poca gloria per lui: 30 gare e soli 8 punti, e mesto ritorno dall’altra parte dell’Atlantico. Va un po’ meglio al connazionale campano: 116 punti in 30 gettoni, ma anche per lui c’è il ritorno in patria in quel di Pesaro. Di italiani ne hanno abbastanza i tecnici a stelle e strisce: d’altronde quella è la Lega dei Jordan, dei Pippen, degli O’Neal e dei Robinson. Non c’è posto per avventurieri di 6 fusi orari più in là.

E questo per 10 anni. Il 28 giugno del 2006 infatti, in un’afosa notte in riva all’Hudson, dal palco del Madison Square Garden il commissioner della Nba David Stern è pronto a chiamare il primo pick del draft. I Toronto Raptors, sempre loro, alla prima chiamata puntano su Bargnani Andrea, proveniente dalla Benetton Treviso con cui ha appena vinto il campionato italiano. E’ la prima volta che un europeo viene scelto come primo assoluto, la quarta per un non americano dopo il nigeriano Olowokandi nel ’98, il cinese Ming nel 2002 e l’australiano Bogut l’anno prima. Dodici mesi dopo, al termine di un’annata da 11,6 punti e 4 rimbalzi per gara, il romano del quartiere Talenti viene raggiunto da un emiliano di San Giovanni in Persiceto, Marco Belinelli, scelto con la chiamata n°18 dai golden State Warriors. L’anno dopo ancora, il trittico della penisola è completato dal giovane Danilo Gallinari, chiamato con la 6 dai New York Knicks allenati dall’italoamericano D’Antoni. Per i tre l’avventura Nba vive di ottimi picchi alternati a più frequenti cadute. Bargnani dopo 7 anni in Canada intrisi di infortuni, polemiche e un’esplosione tanto attesa e mai arrivata davvero, ha deciso di rifarsi una carriera a New York. Belinelli, girovago per eccellenza, dopo le parentesi poco ricche di gioie con golden State, Toronto e New Orleans, ha trovato una stagione da urlo con i Chicago Bulls, e quest’estate ha strappato un contrattone dai San Antonio Spurs di Tim Duncan. Gallinari, passato tre stagioni or sono da New York a Denver, ha trovato l’ambiente ideale nel Colorado ma un brutto infortunio al ginocchio lo ha tolto di mezzo proprio mentre si stava candidando a faro assoluto dei Nuggets. Ora a raggiungere i mitici tre c’è Luigi Datome da Olbia, che su Facebook ha annunciato l’approdo ai Detroit Pistons. Con 4 alfieri così, c’è simone Pianigiani qui in Europa che spera, un giorno, di vederli protagonisti anche con la maglia azzurra.

 

Valerio Mingarelli

Giornalista professionista dal 2008, scribacchino e menestrello radio-televisivo fin dal 2001. Con un unico credo: se una cosa puoi sognarla, puoi realizzarla. E raccontare storie di sport è una di queste. Da viandante, e non da prostituta. Ma soprattutto senza smettere mai di imparare, perché in questo mestiere non si è mai arrivati.

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