Olimpiadi: i momenti iconici della sua storia indimenticabili

Una carrellata di momenti indimenticabili e significativi della storia delle Olimpiadi in oltre un secolo di Giochi

Da pochi giorni sono iniziati ufficialmente le Olimpiadi di Parigi 2024, l’evento sportivo più atteso da ogni atleta e dal pubblico che ama almeno una delle 45 discipline per cui si gareggia.

Dopo una cerimonia d’apertura spettacolare, proviamo a ripercorrere insieme i momenti più indimenticabili della storia dei Giochi moderni.

Olimpiadi: i momenti iconici indimenticabili

Nel 1896 si svolsero ad Atene le prime Olimpiadi moderne, riprendendo una tradizione che risale all’ultima edizione dei Giochi antichi nel 776 a.C. Per onorare l’importanza storica di quelle competizioni per il mondo antico, si scelse di organizzare i nuovi Giochi in Grecia, considerata la patria di questa importante manifestazione sportiva. In quell’edizione non esistevano le medaglie d’oro: i vincitori ricevevano una medaglia d’argento e un ramo d’ulivo.

Olimpiadi: i momenti iconici della sua storia indimenticabili
Olimpiadi: i momenti iconici della sua storia indimenticabili – Wikimedia Commons @Narayan89 – Olympialab.com

 

Nel 1900, le Olimpiadi si tennero a Parigi e segnarono una svolta storica poiché per la prima volta fu consentito alle donne di competere. Nell’Antica Grecia, non solo le donne non potevano partecipare come atlete, ma erano anche escluse dal pubblico, con la pena di morte come punizione possibile per chi violava questa regola.

Questo divieto si estese alle prime edizioni dei Giochi moderni, fino alle Olimpiadi del 1900. La prima donna a vincere una medaglia olimpica fu Charlotte Cooper, che si aggiudicò il torneo di tennis femminile singolo.

Il 1936 fu sicuramente un anno particolare, in cui i Giochi olimpici vennero organizzati in Germania. In quegli anni alla guida del Paese c’era Adolf Hitler, i cui valori non potevano essere più lontani dal messaggio olimpico.

La sorte volle forse dargli una lezione: a trionfare nelle gare di corsa fu Jesse Owens, un americano di colore, che vinse i 100 e i 200 metri, oltre alla staffetta 4×100 metri. Non solo, strappò l’oro anche nel salto in lungo. Fu così premiato proprio davanti al führer, una beffa ai suoi discorsi razzisti.

Alle Olimpiadi di Roma del 1960 avvenne un altro importante passo verso giochi più inclusivi. Il 18 settembre, una settimana dopo la chiusura dei Giochi, si tenne la cerimonia d’apertura delle Paralimpiadi, a cui potevano partecipare atleti con disabilità. Finalmente non esistevano più atleti di serie A e atleti di serie B, ma tutti potevano ambire allo stesso sogno: vincere un oro olimpico. Quell’anno arrivarono a Roma 400 atleti paralimpici da 23 Paesi diversi.

Oggi gli atleti del salto in alto corrono verso l’asticella e, staccandosi da terra, girano il corpo in modo da superarla con la schiena rivolta verso il basso. Ma in passato, per molti anni, il salto veniva eseguito in avanti, cercando di oltrepassare l’asticella prima con una gamba e poi con il resto del corpo.

Durante i Giochi di Città del Messico del 1968, il saltatore americano Dick Fosbury sorprese tutti con una nuova tecnica che permetteva di raggiungere altezze maggiori: fu chiamata “tecnica Fosbury” in suo onore ed è ancora utilizzata oggi.

Nadia Comaneci è stata una delle più grandi ginnaste della storia. Alle Olimpiadi di Montreal del 1976, eseguì una routine alle parallele così perfetta che ottenne il primo punteggio massimo di sempre: 10.

L’evento fu così sorprendente che il tabellone elettronico non era in grado di mostrare il 10, poiché era programmato solo per arrivare fino a 9,9, dato che si riteneva impossibile un esercizio completamente privo di errori. Il tabellone quindi mostrò 1,00. All’epoca, Comaneci aveva solo 14 anni, mentre oggi l’età minima per partecipare alle Olimpiadi è stata portata a 16 anni.

Ai Giochi di Atlanta del 1996, la ginnasta Kerri Strug si fece seriamente male a una caviglia mentre stava partecipando alla gara a squadre. Se si fosse ritirata, il suo gruppo e gli Stati Uniti non avrebbero potuto vincere l’oro. Decise allora di stringere i denti e saltare ancora, atterrando perfettamente sui piedi per prendere un punteggio alto e salire sul primo gradino del podio con tutta la squadra.

Alle Olimpiadi di Pechino del 2008, Usain Bolt ha dominato l’atletica. Il velocista giamaicano ha stabilito nuovi record nei 100 e 200 metri, diventando il primo a farlo nella stessa edizione dei Giochi. Bolt ha continuato a vincere in queste distanze per tre Olimpiadi consecutive, chiudendo la sua carriera nel 2016 con un totale di otto medaglie d’oro.

Contemporaneamente in piscina, il nuotatore statunitense Michael Phelps ha vinto 8 medaglie d’oro in una sola edizione dei Giochi. Phelps è l’atleta più decorato nella storia delle Olimpiadi, con un totale di 28 medaglie, di cui 23 d’oro.

Durante la finale di salto in alto a Tokyo 2020 (tenutasi nel 2021 per la pandemia), si è verificata una scena memorabile. Il qatariota Mutaz Barshim e l’italiano Gianmarco Tamberi si contendevano l’oro.

Dopo un estenuante confronto, nessuno dei due riusciva a prevalere. Alla domanda del giudice se volessero continuare con altri salti, Barshim chiese: «Si possono avere due ori?». Il giudice rispose di sì, anche se cercava di convincerli a proseguire. I due amici optarono per condividere il gradino più alto del podio, rappresentando perfettamente lo spirito olimpico.

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