Paralimpiadi, ecco come funziona la divisione in categorie

Il parametro al quale viene data maggiore importanza è l’impatto che una specifica disabilità può avere sulle prestazioni sportive

Uno degli aspetti più complessi delle Paralimpiadi è senz’altro la divisione in categorie, creata da medici e tecnici di comprovata esperienza, tenendo conto delle varie disabilità, per garantire che le singole competizioni si svolgano nel modo più equo possibile. Il parametro al quale viene data maggiore importanza è l’impatto che una specifica disabilità può avere sulle prestazioni sportive, dunque può capitare che all’interno di una stessa categoria ci siano atleti con problemi fisici, sensoriali e/o intellettivi differenti (proprio perché influenzano in modo simile lo svolgimento di una gara). Per alcuni sport esiste un’unica categoria (come nel caso dell’hockey su ghiaccio), mentre altre discipline ne prevedono molte. Due esempi di questo secondo caso sono il nuoto e l’atletica leggera.

Come si leggono le sigle delle categorie?

Le categorie sono indicate con delle sigle che, pur cambiando da uno sport all’altro, tendono a seguire uno schema chiaro. Nella maggior parte dei casi, la lettera iniziale indica il nome in inglese della disciplina: nel nuoto c’è la S (swimming), il triathlon è indicato con PT (paratriathlon), nell’atletica si usano la T (track) e la F (field) e così via. I numeri presenti, invece, variano in base al livello di disabilità: più sono bassi e più rappresentano una disabilità grave.

Il nuotatore paralimpico Kirill Pulver
Il nuotatore paralimpico Kirill Pulver | EPA/Joel Marklund for OIS/IOC HANDOUT – Olympialab.it

Per fare un esempio concreto può essere utile focalizzarsi sul nuoto, uno degli sport con il maggior numero di categorie. Quelle che vanno dall’1 al 10 riguardano i nuotatori con delle disabilità fisiche, mentre quelle dall’11 al 13 sono riservate agli atleti non vedenti o ipovedenti. La quattordicesima categoria, infine, comprende tutti i nuotatori con disabilità intellettive. Restando sui problemi fisici, con la sigla S1 si indicano gli atleti con “problemi molto gravi di coordinazione di tutti e quattro gli arti o senza l’uso delle gambe, del tronco e delle mani”. La categoria S10, invece, è riservata ai nuotatori con disabilità fisiche che hanno un impatto minore sulle loro prestazioni, come lievi problemi di coordinazione o perdita della funzionalità di una mano.

Le numerose categorie dell’atletica

L’atletica è lo sport che contiene al suo interno il maggior numero di categorie e usa i numeri nelle sigle in modo un po’ diverso. Ce ne sono sempre due: il primo indica il tipo di disabilità, mentre il secondo rappresenta la gravità di quest’ultima. Prima dei numeri ci sono sempre o una F (“field”) o una T (“track”) in base alla tipologia della disciplina alla quale si riferisce la sigla. Semplificando, possiamo dire che le discipline T comprendono quelle di corsa e di salto, mentre quelle F sono legate perlopiù agli sport di lancio, anche se in realtà non mancano delle eccezioni alla regola.

Andando in ordine, le categorie dalla 11 alla 13 riguardano gli atleti con delle disabilità visive. Si passa dalla cecità totale (11) all’ipovisione (12 e 13) e chi gareggia nelle prime due categorie è affiancato da una guida.

Nella categoria 20 competono tutti gli atleti che hanno delle disabilità intellettive.

Le categorie dalla 31 alla 38 riguardano gli atleti che hanno una paralisi cerebrale. Nelle gare che contengono le sigle T32, T33 e T34 si compete con una sedie a rotelle, mentre in quelle che vanno da F31 a F34 è previsto il lancio di attrezzi da seduti. Gli atleti che fanno parte delle categorie T35, T36, T37 e T38 competono in eventi di corsa. Infine, nelle gare contraddistinte dalle sigle F35, F36, F37 e F38, i partecipanti lanciano degli attrezzi stando in piedi.

Una gara di salto in lungo femminile alle Paralimpiadi
Una gara di salto in lungo femminile alle Paralimpiadi | EPA/Javier Etxezarreta – Olympialab.it

Nelle categorie T/F 40-41 gareggiano gli atleti di bassa statura.
Alle gare contraddistinte dalle sigle T/F 42, 43 e 44 partecipano atleti con problemi agli arti inferiori, spesso usando delle protesi. Anche chi è privo di arti inferiori o ha una gamba più corta dell’altra fa parte di queste categorie.
Le categorie da T45 a T47, invece, sono riservate agli atleti con problemi alle braccia.

Gli atleti che competono nelle gare con le sigle da T51 a T57 gareggiano su una carrozzina a causa di problemi fisici come lesioni alla spina dorsale, malformazioni, amputazioni e lesioni nervose o muscolo-scheletriche.

Infine, nelle categorie dalla 61 alla 64 gareggiano atleti con amputazioni degli arti inferiori.

Alcuni casi particolari

La divisione in categorie segue delle regole un po’ particolari in alcune discipline. Per esempio, nel caso del ciclismo su strada la lettera presente nella sigla varia in base al tipo di veicolo usato: C sta per cycling (bicicletta), H per handbike (mezzo di locomozione che si sposta tramite manovelle che il pilota deve muovere con le mani) e T per triciclo (bicicletta con tre ruote). Fa eccezione la categoria B (blind) che si riferisce agli atleti con cecità che devono gareggiare in tandem con una guida davanti.

Nel triathlon, la sigla PTWC1 (paratriathlon wheelchair 1), più lunga di quelle elencate finora, indica le competizioni nelle quali gareggiano atleti in sedia a rotelle con disabilità.

Gli sport di squadra non prevedono categorie diverse, tuttavia ci sono delle limitazioni per quanto riguarda la selezione degli atleti e la formazione delle squadre. Sarebbe sbagliato, per esempio, permettere a un giocatore che ha una disabilità non riguardante la vista di partecipare a una partita di calcio a cinque per ciechi, dove tutte le persone sul campo (esclusi i portieri) sono ipovedenti o ciechi. Chiaramente non tutti i problemi alla vista sono uguali, quindi, per rendere la competizione equa, i calciatori che partecipano sono bendati.

Il sitting volley prevede due categorie di giocatori: VS1 e VS2. Questi ultimi hanno delle disabilità meno gravi, pertanto possono essercene solo due in ogni squadra.

Nel caso del judo, disciplina riservata agli atleti ciechi o ipovedenti, gli atleti non sono divisi in base alla gravità della loro disabilità bensì in base al peso.

Le competizioni di sollevamento pesi sono aperte agli atleti con disabilità degli arti inferiori, ma non prevedono la partecipazione di persone cieche/ipovedenti o con disabilità intellettive. Anche in questo caso la divisione degli atleti avviene in base al peso e in tutto ci sono dieci categorie, in ognuna delle quali vince il partecipante che solleva il peso maggiore alla panca.

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