Scopri come i regolamenti FIGC cercano di contrastare il razzismo negli stadi e perché l’efficacia delle misure adottate continua a essere messa in discussione
Domenica scorsa, due partite di Serie B sono state momentaneamente sospese a causa di episodi di razzismo diretti contro calciatori di origine africana. Le vittime degli insulti razzisti sono state Ebenezer Akinsanmiro, centrocampista nigeriano della Sampdoria, e Mehdi Dorval, difensore franco-algerino del Bari. Gli episodi si sono verificati rispettivamente durante le gare Brescia-Sampdoria e Reggiana-Bari, disputate negli stadi di Brescia e Reggio Emilia. I cori offensivi e le imitazioni di versi animali rivolti ai due giocatori hanno portato a brevi interruzioni delle partite, seguite però da riprese senza ulteriori provvedimenti. Akinsanmiro, dopo aver reagito agli insulti del pubblico con un gesto provocatorio, è stato addirittura ammonito dall’arbitro e sostituito poco dopo dal suo allenatore.
Nonostante gli interventi regolamentati, episodi come questi mettono in discussione l’efficacia delle norme attualmente in vigore per contrastare il razzismo negli stadi. Sebbene la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) abbia introdotto un protocollo specifico che prevede diverse fasi di gestione di queste situazioni, spesso si resta fermi alla fase iniziale di semplice interruzione temporanea, senza mai arrivare a misure più drastiche, come la sospensione prolungata o l’abbandono definitivo delle partite.
Il protocollo FIGC contro il razzismo negli stadi
La FIGC ha adottato un regolamento che si basa sulle linee guida internazionali fornite dalla FIFA nel 2019. Questo protocollo si articola in tre fasi progressive:
- Interruzione temporanea: l’arbitro interrompe il gioco e lo speaker dello stadio legge un messaggio ufficiale che invita il pubblico a cessare i comportamenti razzisti.
- Sospensione prolungata: se gli insulti continuano dopo la ripresa del gioco, l’arbitro può decidere di sospendere la partita per un periodo più lungo.
- Abbandono definitivo: in caso di ulteriori episodi, la gara può essere definitivamente interrotta e dichiarata conclusa.
Nonostante questa procedura sembri chiara e severa, raramente si arriva oltre la prima fase. Nella maggior parte dei casi, sono i calciatori stessi a subire le conseguenze psicologiche degli insulti e, come accaduto ad Akinsanmiro, anche eventuali sanzioni disciplinari se reagiscono in modo visibile.
Il caso di Brescia: Akinsanmiro bersaglio di insulti razzisti
Durante il primo tempo della partita Brescia-Sampdoria, al minuto 20 circa, alcuni tifosi bresciani hanno iniziato a rivolgere cori razzisti contro il centrocampista ventenne della Sampdoria, Ebenezer Akinsanmiro. L’arbitro Davide Massa ha applicato il protocollo interrompendo momentaneamente il gioco, e lo speaker dello stadio ha lanciato il messaggio di avvertimento previsto dal regolamento. La partita è poi ripresa regolarmente.
Tuttavia, al 33° minuto, dopo aver segnato un gol per la sua squadra, Akinsanmiro ha reagito agli insulti del pubblico avversario mimando il gesto del gorilla verso i tifosi del settore ospite. L’arbitro ha giudicato il gesto come una provocazione e ha deciso di ammonirlo, ignorando il contesto degli insulti razzisti ricevuti dal giocatore. Pochi minuti dopo, Akinsanmiro ha commesso un fallo che avrebbe potuto portare a una seconda ammonizione. Per evitare rischi, il suo allenatore Lorenzo Semplici ha preferito sostituirlo.
Dopo la partita, l’allenatore del Brescia, Pierpaolo Bisoli, ha minimizzato l’accaduto dichiarando di non aver percepito gli insulti razzisti e, anzi, ha criticato il comportamento di Akinsanmiro, definendolo «una provocazione che poteva istigare alla violenza». Tali dichiarazioni sono state ampiamente criticate per la mancanza di sensibilità e comprensione del problema.
Il caso di Reggio Emilia: insulti a Mehdi Dorval
Un altro episodio simile si è verificato durante la partita Reggiana-Bari, in cui il difensore franco-algerino Mehdi Dorval, di 23 anni, è stato vittima di cori razzisti. Nato a Parigi da madre marocchina e padre originario dell’isola di La Réunion, Dorval ha ricevuto insulti dai tifosi locali che hanno portato l’arbitro Alessandro Prontera a sospendere la gara per circa otto minuti.
In questa circostanza, Dorval ha ricevuto il sostegno sia dai suoi compagni di squadra che da alcuni giocatori avversari, tra cui Cedric Gondo, calciatore della Reggiana di origine ivoriana. Tuttavia, a fine partita, il vicepresidente della Reggiana, Vittorio Cattani, ha cercato di ridimensionare l’accaduto, sostenendo che «Reggio Emilia e i suoi tifosi non sono razzisti» e attribuendo le offese a un momento di tensione verso l’arbitro per decisioni contestate durante la gara.
Lo stesso incontro ha registrato anche episodi di sessismo, con insulti rivolti alla guardalinee Francesca Di Monte, a dimostrazione di come il problema delle discriminazioni negli stadi non si limiti al solo razzismo.
Secondo l’articolo 62 del NOIF (Norme Organizzative Interne della FIGC), le società sportive sono tenute a prevenire comportamenti discriminatori da parte dei tifosi. Questo include cori, striscioni e qualunque manifestazione offensiva basata su razza, colore della pelle, religione, lingua, sesso o origine etnica. Se episodi del genere si verificano prima dell’inizio della partita, l’arbitro può decidere di non far cominciare l’incontro fino a quando la situazione non sia sotto controllo.
Quando gli episodi di razzismo si verificano durante la partita, come accaduto in Udinese-Milan in passato, l’arbitro deve interrompere temporaneamente il gioco, facendo leggere allo speaker dello stadio un messaggio di condanna e avvertimento al pubblico. Se gli insulti persistono, si può procedere alla sospensione prolungata. Se questa si protrae per oltre 45 minuti, la partita deve essere definitivamente conclusa e dichiarata terminata.
Gli episodi di razzismo negli stadi italiani continuano a rappresentare un problema diffuso, nonostante l’introduzione di regolamenti volti a contrastarli. L’applicazione del protocollo in tre fasi della FIGC si ferma spesso al primo step, senza mai arrivare alla sospensione definitiva delle gare. Questo approccio limita l’efficacia delle misure e lascia i calciatori vittime di insulti razzisti privi di una reale tutela.
Per contrastare efficacemente questo fenomeno, potrebbe essere necessario adottare interventi più severi, come la sospensione immediata delle partite e sanzioni più dure per le società coinvolte. Solo un’azione decisa e coerente può contribuire a ridurre gli episodi di discriminazione e garantire che il calcio resti uno sport accessibile e inclusivo per tutti.