Calcio e salute mentale. Se ne parla sempre di più, ma forse paradossalmente non ancora come si dovrebbe. L’ultimo caso di depressione lo ha raccontato, in un’intervista rilasciata a Espn UK, Richarlison l’attaccante del Brasile e del Tottenham. La luce nella sua vita si è spenta all’indomani del Mondiale in Qatar del dicembre 2022. Lo ha raccontato, tra le lacrime: “Prima di andare ad allenarmi volevo tornare a casa, nella mia stanza. Non so perché. Ho anche detto a mio padre che mi sarei arreso. Parlare così è triste, ma ho anche scoperto cose qui a casa da persone che vivevano con me da sette anni. Andare da mio padre e dirgli che avrei lasciato tutto è pazzesco perché lui ha inseguito questo sogno con me. Ero in depressione e volevo arrendermi”. Ma ne è uscito grazie al fatto di avere chiesto aiuto. Sembra una cosa banale, ma nessuno trova il coraggio di fare sapere al mondo la propria condizione: “La terapia mi ha salvato la vita. Cercavo solo cose brutte, anche su Google. Prima avevo questo pregiudizio sugli psicologi pensando che chi voleva andarci fosse pazzo. Non è così: è la scoperta migliore che abbia mai fatto. Il mio terapista mi ha ringraziato per aver portato questa cosa nel mondo del calcio e anche al di fuori dal campo perché è molto importante”. Ma quello di Richarlison non è l’unico caso. Ce ne sono stati altri nel mondo del calcio.
L’italo-argentino, famoso per la somiglianza con Johnny Depp, le rovesciate e l’amore per la musica, è stato l’ultimo a parlarne con la voce rotta dalla commozione e con un video con poca luce, quasi a nascondersi: “Da tempo lotto contro la depressione che mi ha portato ad alcune dipendenze, tra cui alcol e droga. E sento che la vita mi sta sfuggendo di mano”.
La depressione ha fatto anche un’altra vittima illustre, Ronaldo il Fenomeno, che rivelò: “Soffro di depressione, faccio terapia da due anni e mezzo e ora capisco molto meglio anche quello che avevo provato prima. Vengo da una generazione in cui eri gettato nella mischia e dovevi cavartela al meglio senza la minima possibilità di chiedere aiuto. Guardo indietro e vedo che sì, siamo stati esposti a uno stress mentale molto, molto grande e senza alcuna preparazione per questo. Anche perché non c’era alcuna preoccupazione per la salute mentale dei giocatori”.
Anche Cavani ha necessità di terapie con psicologi. “Ansia e vertigini. La prima volta che ho avuto bisogno di uno psicologo ero al Psg ed è stato dopo la remuntada subita contro il Barcellona. Mi ha colpito molto, in cinque minuti è cambiato tutto ed è stato un duro colpo. Sono andato dal medico del Psg e mi ha detto che questo succede a molte persone, in ogni settore. Ho capito che non ero un supereroe”.
Adesso è in Arabia Saudita, indossa la maglia dell’Al Nassr, ma anche lui ha vissuto un periodo buio e si è rivolto a un professionista dei problemi della mente: Jordan Peterson, 60nne, psicologo e accademico canadese molto rinomato. Nel suo periodo (sportivo) più delicato, Cristiano Ronaldo ha letto un libro di Peterson, trovandolo molto utile, tanto da volerlo incontrare di persona. Da qui è nata un’amicizia, un supporto fondamentale per il fuoriclasse portoghese.
Negli ultimi anni al Barcellona Messi è andato in difficoltà, a dimostrazione che i soldi non danno la felicità. La moglie Antonella lo ha supplicato spesso di vedere uno psicologo sportivo: “Sarei dovuto andare dallo psicologo, ma non ci sono mai andato. Non so perché. Faccio fatica a fare questo passo, anche sapendo che ne ho bisogno. Antonella ha insistito un sacco di volte perché ci andassi, ma io sono una persona che ama tenere le cose dentro di sé e non condividerle. So che ne ho bisogno per quello che faccio e che mi farebbe bene”.
Nell’elenco non poteva mancare uno dei giocatori italiani più forti di tutti i temi, Gigi Buffon. In un’intervista rilasciata alla Stampa aveva parlato di tutti i suoi tormenti passati. “Un buco nero dell’anima” tra “il dicembre 2003 e il giugno 2004”. Raccontò: “Sono caduto in depressione, sono stato in cura da una psicologa. Non ho mai capito perché proprio allora, perché non prima, perché non dopo. Non ero soddisfatto della mia vita e del calcio, cioè del mio lavoro. Mi tremavano le gambe all’improvviso”. Poi la rinascita, riemerse all’improvviso “proprio là dove avevo paura di andare, agli Europei in Portogallo”.
Higuain ha dovuto affrontare un grandissimo crollo piscologico. L’ex attaccante di Real Madrid, Napoli, Juventus e Milan, lo ha avuto dopo la morte della madre Nancy a cui il Pipita era molto legato. Adesso si è ripreso, si è ritirato e vive lontano dal mondo del calcio insieme alla sua famiglia. Sta studiando per diventare un mental coach: “Sono affondato psicologicamente. Per quindici giorni non ho fatto praticamente niente e quando poi sono tornato ad allenarmi non ero più al livello di prima”, spiegò.
Uno dei primi calciatori ad avvalersi dell’aiuto di uno psicologo, e a parlare della sua situazione, è stato Bonucci, ex difensore della Juventus, che per sette anni si è fatto aiutare da un mental coach che fin dai tempi del Treviso gli faceva mangiare caramelle all’aglio, “come i soldati dell’antichità”. Adesso è in Turchia, al Fenerbahce, dopo sei mesi deludenti in Bundesliga con la maglia dell’Union Berlino.
Anche Ranocchia, ex capitano dell’Inter, non ha mai nascosto di essere stato assistito da un mental coach e da uno psicologo in seguito alla contestazione nei suoi confronti da parte della tifoseria nerazzurra. Le prestazioni dell’ex difensore, infatti, erano fortemente criticate e a quel tempo l’aiuto dello psicologo contribuì a migliorare le sue prestazioni.
Nel 2016, quando André Gomes aveva ancora tanti anni da giocare, disse: “Pensare troppo mi fa male perché penso alle cose più brutte e poi a ciò che devo fare e me le porto sempre dietro. Nonostante i miei compagni mi appoggino abbastanza, le cose non vanno come loro vorrebbero che andassero. In alcune occasioni mi chiudo. Non permetto alla mia frustrazione di uscire. Non parlo con nessuno, non disturbo nessuno. È come se provassi vergogna. Mi è successo in più di un’occasione di non voler uscire di casa. Detesto il fatto che la gente ti possa guardare; ho paura di uscire per strada per la vergogna”.
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