La nazionale di Rugby è pronta per giocarsi il mondiale in Francia. Gli azzurri sono inseriti in un girone al limite dell’impossibile e superarlo, contro avversari come Nuova Zelanda e Francia, è un esercizio di ottimismo esagerato, ma la selezione di Kieran Crowley proverà a compiere il miracolo sportivo. Anche perché non è previsto un bis olimpico. Il Rugby a 15 non fa parte delle discipline olimpiche. Ma perché? I motivi sono molteplici.
Il rugby vive un paradosso. È, per antonomasia, lo sport praticato a livello ludico e dilettantistico e per diversi anni ha imposto il divieto di qualsiasi forma di attività professionistica. Avrebbe dunque tutto per essere inserito nelle discipline olimpiche ma è stato presente solo in quattro edizioni, metà delle quali, fra l’altro, proprio a Parigi (nel 1900 e nel 1924). Le altre due, per la cronaca, sono rintracciabili a Londra (1908) e Anversa (1920). Negli anni ’80 si è tornato a parlare di reintroduzione, ma quando è nata la Coppa del Mondo (1987) le strade sono diventare parallele e non si sono incontrare sino al 2005 quando il CIO ha messo ai voti la possibilità di ammettere ai giochi la variante del Rugby a sette che sarà l’unica rappresentata della palla ovale alle Olimpiadi.
Quel che si gioca alle Olimpiadi è il rugby a sette. Ovvero con meno della metà dei giocatori in campo. Una variante più apprezzata dal punto di vista televisivo perché le regole di gioco restano invariate ma con un tempo di gioco ridotto rispetto alle sfide che siamo abituati a vedere. Nel rugby a 7 si giocano sette minuti per tempo e lunghezza e ampiezza del campo, invariate, garantiscono un gioco più fluido e spettacolare. Il regolamento prevede appunto 7 giocatori in campo e 5 sostituiti. Ogni squadra è composta da 3 avanti, 3 trequarti e un mediano di mischia. In caso di parità, la partita prosegue fino a che una delle due segni almeno un punto.
Fra l’altro le partite di Rugby a 15 hanno bisogno di tempi di recupero molto diversi rispetto a quello a sette. Secondo gli studi più recenti, servono almeno 6 giorni fra un match e l’altro per prevenire infortuni e non mettere comunque a rischio i giocatori. Un lasso di tempo che inevitabilmente cozza con le esigenze di un torneo olimpico che si dipana nell’arco di poco più di due settimane. Insomma, nei cinque cerchi non sembra esserci posto per la palla ovale tradizionale.
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