Il numero 1 al mondo continua a vincere e a stupire, ma sulla sua testa pende il caso Clostebol: ecco cosa rischia l’altoatesino
Jannik Sinner ha iniziato il 2025 nello stesso modo in cui si era concluso il suo 2024: vincendo. Il suo trionfo agli Australian Open – il secondo di seguito – e le recenti parole di Carlos Alcaraz hanno dato conferma del fatto che l’altoatesino, al momento, è davvero il tennista più forte del mondo, un orgoglio che tutti gli italiani amanti del tennis non avevano mai provato prima. Tra un torneo e l’altro, però, alla mente torna forte una preoccupazione: la sentenza del TAS per il caso Clostebol, la quale potrebbe costringere Sinner a un periodo di stop molto lungo. Ma vediamo nel dettaglio cosa succederebbe se Jannik fosse riconosciuto colpevole.
Partiamo dal principio. Il 10 marzo 2024, e successivamente il 18 marzo durante il Master 1000 di Indian Wells negli Stati Uniti, Jannik Sinner è risultato positivo al Clostebol metabolita, uno steroide anabolizzante incluso nella lista delle sostanze vietate per gli sportivi. I controlli antidoping sono stati effettuati su campioni di urine nell’ambito dei test di routine. L’International Tennis Integrity Agency (ITIA) ha disposto due sospensioni temporanee per l’atleta, dal 4 al 5 aprile e dal 17 al 20 aprile. Tuttavia, accogliendo il ricorso urgente presentato da Sinner, l’ITIA ha revocato la sospensione e mantenuto riservata la vicenda, applicando una procedura prevista per sostanze come il Clostebol, che possono essere soggette a contaminazione. Grazie a questa decisione, il tennista ha potuto proseguire la sua attività agonistica.
Il Clostebol si trova esclusivamente come principio attivo in creme e spray cicatrizzanti disponibili senza prescrizione. Sebbene il suo utilizzo sia proibito, la positività a questa sostanza viene generalmente attribuita a negligenza piuttosto che a un’intenzione deliberata di doparsi. Tuttavia, le sanzioni possono arrivare fino a quattro anni di squalifica nel caso in cui non si riesca a dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare il rischio di contaminazione.
Il 19 agosto, al termine del processo, la sentenza del tribunale ha reso pubblica la vicenda, suscitando numerose polemiche, ma rientrando in casi già visti nel mondo del tennis.
La decisione del tribunale ha stabilito che Jannik Sinner non era a conoscenza della presenza del Clostebol nell’ambiente in cui soggiornava, né che il suo fisioterapista, Giacomo Naldi, lo avesse utilizzato per trattare una ferita al dito. Inoltre, non poteva prevedere che la sostanza potesse trasferirsi accidentalmente durante un massaggio o la fasciatura dei piedi.
L’indagine ha rivelato che lo spray contenente Clostebol apparteneva all’ex preparatore atletico di Sinner, Umberto Ferrara, che lo aveva consegnato a Naldi per curare una piccola lesione. Il contatto durante il trattamento ha portato alla positività dell’atleta, ma con tracce minime (86 pg/mL nel primo test, 76 pg/mL nel secondo), compatibili con una contaminazione indiretta. Di conseguenza, Sinner è stato assolto, subendo unicamente la perdita dei punti del ranking e del montepremi ottenuto nel Master 1000 di Indian Wells, come previsto dal regolamento.
La questione avrebbe potuto concludersi in via definitiva se, il 4 ottobre scorso, l’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) non avesse deciso di presentare ricorso – come previsto dai suoi diritti – contro la sentenza di Sport Resolution presso il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) di Losanna.
Secondo quanto riportato in un comunicato del TAS, la WADA ha richiesto l’annullamento della decisione impugnata e l’emissione di un nuovo verdetto che riconosca Jannik Sinner colpevole di due violazioni del codice antidoping, in base agli articoli 2.1 e/o 2.2 del TADP, senza applicare l’articolo 10.5, che prevede l’esenzione per assenza di colpa o negligenza.
Nel ricorso, l’agenzia antidoping ha inoltre chiesto al TAS di infliggere all’atleta una squalifica compresa tra uno e due anni, oltre a confermare l’annullamento di tutti i risultati ottenuti da Sinner durante il BNP Paribas Open di Indian Wells.
Secondo la WADA, quindi, Jannik Sinner non avrebbe adottato tutte le misure necessarie per prevenire il rischio di doping.
Il caso sarà esaminato a porte chiuse presso il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) di Losanna il 16 e 17 aprile. Il collegio arbitrale sarà composto da Jacques Radoux, designato dal TAS e presidente della giuria, dall’israeliano Ken Lalo, scelto dalla WADA, e da John Dyson, nominato dai legali di Sinner. Come di consueto, spetterà all’atleta l’onere di dimostrare la propria innocenza rispetto alle accuse. Per la sentenza bisognerà poi aspettare dai 30 ai 45 giorni.
I ricorsi della WADA contro le decisioni di tribunali indipendenti o federazioni nazionali sono rari, ma spesso si concludono con una vittoria per l’agenzia. Tuttavia, in questo caso specifico, risulta difficile individuare su quali elementi l’accusa possa basarsi. Qualora venisse inflitta una squalifica, questa entrerebbe in vigore a partire dalla pubblicazione della sentenza, senza alcuna applicazione retroattiva sui titoli già conquistati, come quelli agli US Open e agli Australian Open, vinti da Sinner nei mesi precedenti.
Quindi nella bacheca di Jannik rimarrebbero tutti i trofei vinti in quest’ultimo anno, meno che quello conquistato a Indian Wells. Il rischio peggiore, però, è rappresentato dallo stop da 1 a 2 anni, il quale non solo gli negherebbe la possibilità di continuare a competere nei tornei, ma gli farebbe perdere anche la prima posizione nel ranking ATP.
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