Le parole del numero uno del circuito dopo il montepremi vinto in Arabia Saudita hanno attirato diverse critiche anche da colleghi illustri
Nel mondo del tennis, il Six Kings Slam ha rappresentato una svolta senza precedenti: l’evento, tenutosi a Riad, ha attirato i sei migliori giocatori del pianeta con un montepremi complessivo mai visto nella storia del tennis. A spiccare, però, non è stato solo l’assegno record di 5,5 milioni di euro intascato dal vincitore Jannik Sinner, ma anche le dichiarazioni che il giovane numero uno al mondo ha rilasciato subito dopo la vittoria contro Carlos Alcaraz in finale. “È un bel premio, ovviamente, ma non gioco per soldi,” ha affermato Sinner in un’intervista a Eurosport, spiegando che la sua motivazione principale è la competizione con i migliori, piuttosto che il profitto economico. Ma le parole dell’altoatesino, fresco di forfait all’Atp 1000 di Parigi-Bercy per un virus intestinale, non sono piaciute a tutti.
La competizione ha segnato un primato per il tennis, non solo per il livello dei partecipanti – i migliori sei del mondo – ma soprattutto per l’enorme premio in denaro. Con 5,5 milioni di euro riservati al vincitore e 4 milioni per il secondo classificato, il Six Kings Slam ha superato di gran lunga il montepremi di qualsiasi torneo Slam. Nonostante l’evidente attrattiva economica, Sinner ha ribadito che il denaro è per lui solo un elemento secondario: “Vivo bene anche senza. Sono solo un extra, contano molto meno della salute e della famiglia,” ha dichiarato.
Le dichiarazioni di Sinner, tuttavia, hanno diviso l’opinione pubblica e non sono passate inosservate tra i suoi colleghi. Stan Wawrinka, ex numero 3 al mondo e figura esperta nel circuito ATP, ha risposto in modo enigmatico su X con una risata, suscitando l’attenzione di altri giocatori e commentatori del settore. La risposta di Wawrinka è sembrata suggerire una certa ironia rispetto alla visione idealista di Sinner sul tema del denaro.
Più diretto è stato l’ex campione Andy Roddick, che ha commentato in maniera piuttosto critica le parole del giovane italiano: “Mi irrita molto che Sinner abbia guadagnato in tre giorni di torneo il 25% di ciò che ho guadagnato in tutta la mia carriera,” ha affermato Roddick in un recente podcast. Ha poi messo in evidenza una differenza cruciale tra il Six Kings Slam e gli altri tornei tradizionali: l’evento di Riad, concentrato su pochi giocatori di alto livello, ha permesso di distribuire il montepremi solo a una manciata di atleti, a differenza degli Slam che devono considerare anche un vasto numero di partecipanti, sia in singolare che in doppio. Secondo Roddick, è facile destinare un montepremi così elevato a un ristretto gruppo di giocatori quando non si ha la “responsabilità di altri 122 partecipanti e di tutte le spese correlate”.
Anche Carlos Alcaraz, secondo classificato e il principale rivale di Jannik Sinner nel circuito, ha affrontato l’argomento con un approccio differente rispetto a quello di Sinner, come già aveva fatto quando i due ebbero visioni opposte sui calendari. Il tennista spagnolo, noto per la sua sincerità, ha ammesso che pur amando il gioco e il desiderio di competere, è inevitabile considerare anche l’aspetto economico: “Alla fine ogni persona lavora per quello. Ovviamente amo giocare a tennis e il più delle volte non penso ai soldi… Ma devo essere onesto: pensi anche che vuoi guadagnare dei soldi,” ha detto. La trasparenza di Alcaraz ha sottolineato una realtà comune nel mondo dello sport: l’equilibrio tra la passione per la disciplina e la necessità di rendere redditizia la propria carriera.
L’organizzazione di eventi come il Six Kings Slam solleva domande importanti sul futuro del tennis e sul crescente impatto degli sponsor privati nel settore. Con l’ingresso di tornei in Medio Oriente che offrono montepremi superiori rispetto agli storici tornei del Grande Slam, si apre un dibattito sul rischio di trasformare il tennis in uno sport dominato da logiche puramente economiche. Da un lato, eventi di questo tipo possono attirare nuovi sponsor e investimenti; dall’altro, rischiano di allontanare il tennis dai suoi valori tradizionali, creando un divario tra giocatori di vertice e quelli di medio livello.
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