SOCHI 2014. Le Olimpiadi di Sochi sono giunte alla conclusione ed è tempo di bilanci e racconti. Sedici giorni di gare, emozioni, delusioni e fiato trattenuto. Abbiamo cercato di riassumerle nel nostro dizionario tascabile dei Giochi di Sochi dalla A alla Z.
A come Artistico. E’ il nome di una branca del Pattinaggio di Figura dove il nuovo codice dei punteggi, introdotto con le migliori intenzioni per frenare giudici disinvolti ed in alcuni casi corrotti, premia la potenza e la prestanza fisica più che il lato artistico. Ne risultano classifiche che, se anche non fossero discutibili, risultano incomprensibili allo spettatore medio che non vede riflesse le impressioni ricevute con gli occhi e con il cuore. Accadde a Vancouver con la vittoria di Lysacek su Plushenko, è accaduto a Sochi nella lotta tra Sotnikova e Yu Na Kim, dove peraltro qualche dubbio sulla correttezza del giudizio è stata sollevata. Da riformare.
B come Ole Einar Bjoerndalen. Conclude la lunga rincorsa al connazionale Bjorn Daehlie per diventare l’atleta più medagliato di sempre delle Olimpiadi Invernali. Con le medaglie d’Oro conquistate nella Sprint e nella staffetta mista il quarantenne biathleta norvegese arriva a otto Ori, quattro Argenti e un Bronzo (13 medaglie) superando la leggenda del Fondo nel totale delle medaglie (12) e eguagliandolo nel numero di medaglie d’Oro. Monumento
C come Cielo. Erano iniziate male le Olimpiadi free air su Cielo. Un paio di giornate con buchi sconvolgenti nel palinsesto che hanno suscitato migliaia di proteste di chi non aveva optato per la pay tv. Nei giorni la copertura è un po’ migliorata anche se troppe scelte sono state fatte più con un occhio all’audience che con una attenzione all’evento sportivo. Le 100 ore in chiaro, slot discutibile per principio per la sua limitatezza in grandi eventi come le Olimpiadi, sono di fatto un servizio pubblico e come tali dovrebbero essere gestite. Delusi
D come Doping. Le positività sono solo la punta dell’iceberg, lo ripetiamo da anni. Anzi chi si fa beccare in una competizione è un kamikaze. Resta il fatto che, per ora, dopo il solo positivo di Vancouver, sono già cadute cinque teste. Nessun medagliato almeno, evitando di dover riscrivere medaglieri e assegnare medaglie postume. La Wada e il CIO si sono prese l’impegno nei prossimi dieci anni di rianalizzare i campioni man mano che nuove tecniche di rilevazione verranno sperimentate. Più di uno non dormirà sonni tranquilli. Continuiamo a farci del male
E come ex-aequo. Mai era avvenuto nello Sci Alpino olimpico che il cronometro non fosse in grado di identificare la vincitrice della medaglia d’Oro. Tocca alla slovena Tina Maze e alla svizzera Dominique Gisin nella Discesa Libera dove il tabellone segna per entrambe 1’41″57. Gioia per due. Inseparabili
F come Arianna Fontana. Esce da Sochi come l’azzurro più medagliato con le sue tre medaglie (l’Argento nei 500 metri e i Bronzi nei 1500 e nella Staffetta). Meglio di lei ha fatto solo Manuela Di Centa a Lillehammer con 5 medaglie; a quota tre come lei Enrico Fabris, Stefania Belmondo due volte e Giorgio Vanzetta. In carriera, a soli 23 anni, è arrivata a cinque medaglie olimpiche, un Argento e quattro Bronzi. Il treno della Valtellina
G come Gay. A giudicare dalle migliaia di pagine scritte prima delle Olimpiadi le attese erano per qualche gesto sostanziale contro la discriminazione legata alle tendenze sessuali. Non si è visto molto eppure i media occidentali erano pronti a raccogliere il minimo spunto. Per rimanere all’Italia, tra l’esponente del Fuori Enzo Francone che nel 1980 si incatenò nella Piazza Rossa durante le Olimpiadi di Mosca e lo show di Vladimir Luxuria dei giorni scorsi vi è un gap politico e culturale imbarazzante. Ma dove eravate?
H come Hot, Cool, Yours. Uno dei più brutti slogan olimpici della storia. Calde lo sono state anche per le temperature, fresche sì e no (spiegando il motto si era proprio giocato sulla differenza di temperatura dei due clusters). With glowing hearts (con cuori che si riscaldano) di Vancouver 2010 e The passion is here (La passione è qui) di Torino 2006 erano decisamente più coinvolgenti. Gelidi
I come Christof Innerhofer. Dopo il tris di medaglie dei Campionati Mondiali di Garmisch, Inner coglie a Sochi l’Argento nella Libera, dove mancava una medaglia italiana dal 1976, e un Bronzo insperato nella Combinata. Per numero di medaglie conquistate tra Olimpiadi e Mondiali nello Sci Alpino maschile è al quarto posto preceduto solo da Gustavo e Alberto e a cinque come Zeno Colò che però ha un Oro olimpico. In compagnia dei grandissimi dello sci azzurro, insomma. Sottovalutato
J come Jorien Ter Mors. Pattinatrice olandese si alterna tra anello grande e Short Track, non in carriera ma nelle stesse Olimpiadi e rischia una doppietta di medaglie in due discipline che manca dal 1052. Oro nei 1500 metri e nell’Inseguimento nel Pattinaggio Velocità sfiora l’impresa nella finale dei 1500 metri dello Short Track dove è quarta dietro ad Arianna Fontana. Poliedrica
K come Carolina Kostner. Arriva a Sochi e dimostra tutta la sua maturità raggiunta nell’ultimo decennio tra cadute ed ardite risalite. In un mondo di ragazzine è competitiva come non mai e riesce a salire sul podio nella gara più grande di tutti i tempi nell’Artistico Femminile. Il sorriso che la accompagna dopo la conquista della medaglia vale più di mille sassolini tolti dalla scarpa a parole. Immensa
L come Yulia Lipnitskaya. E’ nata il 5 giugno 1998, ha poco più di 15 anni ed è il futuro del Pattinaggio Artistico. Ha contribuito significativamente imponendosi sia nel Corto che nel Libero all’Oro nel Team Event della Russia e ha chiuso al quinto posto la gara individuale per una caduta di troppo nel Programma Corto. Il suo sguardo alla fine del Libero ha ricordato quello di una bambina che sa di aver sbagliato e fatica a trattenere le lacrime. Baby-boom
M come Mista. Lasciando stare le prove a coppie nel Pattinaggio, a Sochi si sono viste le prima gare miste della storia delle Olimpiadi invernali. Perplessi per i Team Event (vedi sotto), la Staffetta Mista del Biathlon può essere promossa non solo per il fatto che la meglio gioventù azzurra ha vinto la medaglia di Bronzo con Dorothea Wierer, Karin Oberhofer, Dominik Windisch e Karin Oberhofer. Bella gara, non forzata nel formato e nello spirito. Pari opportunità.
N come Neve. Nella fase centrale dei Giochi lo scenario era disarmante. Sembrava di essere ad aprile sull’Appenino, una pappa che si sfaldava ai primi passaggi. Lo si sapeva anche se qualcuno l’ha usata come giustificazione. Per una settimana gli addetti agli sci dei fondisti e dei biathleti norvegesi non ci hanno capito nulla e sono andati vicini al flop. Vancouver era in riva al mare ma almeno Whistler Mountain era montagna piena, a Sochi, in riva al Mar Nero, era piena primavera come lo era a Krasnaya Poyana, sede delle gare non indoor. Abbiamo visto fondisti in short e tshirt. Tra quattro anni in Corea si sarà ancora in riva al mare. Piacerebbe riuscire a rivedere una edizione delle Olimpiadi Invernali in una località tipicamente invernale. Almaty, Pechino, Cracovia, Lviv e Oslo sono in corsa per il 2022. Scegliamo la tradizione?
O come Olanda. Che fosse forte da anni nel Pattinaggio di Velocità lo si sapeva ma la lezione che ha dato a tutti a Sochi resterà nei libri di storia dello Sport. Otto medaglie d’Oro su dodici a disposizione, ventiquattro medaglie sulle trentasei disponibili, quattro podi tutti arancioni e per una volta quattro olandesi nei primi quattro posti. Il presidente dell’ISU vuole aprire una investigazione per capire perchè vadano così forte. Inarrivabili
P come Putin. Le Olimpiadi a Sochi erano una sua scommessa e l’ha vinta, se e a quale prezzo lo si scoprirà negli anni. Pochi problemi organizzativi, nessun problema legato alla sicurezza, la Russia in cima al medagliere per nazioni, il presidente russo non ha sbagliato una mossa . Alla Cerimonia di Apertura a battere le mani a ritmo della musica delle t.A.T.U., duo famoso per l’immagine lesbo, a visitare la squadra americana, al capezzale della povera Komissarova, a festeggiare con i vincitori. Ubiquo
Q come Quarto Posto. Se i secondi sono i primi degli sconfitti, alle Olimpiadi i quarti sono i primi che non saranno ricordati. Troppi commentatori hanno parlato di sfortuna ma nello sport fortuna e sfortuna nei risultati influiscono poco. Otto, come le medaglie, quarti posti sono tanti: Corinna Boccaccini e Aaron March nel PSL, Stefano Gross in slalom per 5 centesimi, Daniela Merighetti (discesa libera femminile), il Team Event della squadra di pattinaggio, Alessandro Pittin (combinata nordica), Nadia Fanchini (gigante femminile) e Karin Oberhofer (7.5 km sprint di Biathlon). Per alcuni è stata una delusione per altri un traguardo inatteso. Si sa, qualcuno quarto deve arrivare. Così vicini.
R come Olympic Room. La trasmissione di approfondimento serale di Sky sotto l’attenta guida di Giovanni Bruno, direttore di Sky Sport, e con la partecipazione dei migliori commentatori di Sky e di un Andrea Zorzi che sta diventando un visual analyst eccezionale ha dimostrato che si può parlare di sport con competenza interessando e non annoiando e senza bisogno di cadere nella becera discussione da bar del calcio. Il format merita di essere riproposto anche al di fuori della scena olimpica. Arrivederci
S come le quattro S degli sport invernali italiani. Negli ultimi anni tra Mondiali e Coppe del Mondo le soddisfazioni azzurre sono arrivate da Sci Alpino, Slittino, Short Track e Snowboard. Le prime tre discipline sono andate a medaglia anche a Sochi mentre la tavola ha mancato il colpo. Due quarti posti nel PSL, Michela Moioli in lotta per il Bronzo rovinosamente caduta nel Cross dove la punta di diamante Omar Visintin ha rischiato grosso in semifinale. Rimandati
T come Team Event. Le Federazioni internazionali in cerca di visibilità nel massimo evento sportivo si stanno inventando formati a squadre per sport nati per essere individuali. Nel Pattinaggio di Figura il Team Event ha allungato il programma costringendo i protagonisti a fatiche supplementari per una formula di gara totalmente inadatta che ha consegnato le medaglie con una esibizione di anticipo; nello Slittino la staffetta con batacchio è una via di mezzo tra la sagra paesana e Giochi senza Frontiere. Si paventa l’introduzione di una prova a squadre nello Sci Alpino nel 2018. Siamo seri.
U come Ucraina. Nei giorni nei quali Kiev ha sfiorato la guerra civile con centinaia di morti in piazza, quando alcuni atleti ucraini hanno abbandonato Sochi per tornare in patria, la vittoria di Juliya Dzhyma, Olena Pidhrushina, Valj e Vita Semerenko nella staffetta del Biathlon e le successive foto con la bandiera del loro paese hanno stretto i cuori e ridato forse qualche speranza ai loro connazionali. Commoventi
V come Vecchi. E non ce ne vogliano per l’aggettivo poco politically correct. Molti protagonisti a Sochi lo sono stati ad una età sportivamente avanzata con mille storie per loro. Armin Zoeggeler ha vinto il Bronzo nello Slittino a 40 anni mentre l’Argento è andato al quarantunenne russo Demchenko. Nel Salto, a 41 anni il giapponese Noriaki Kasai ha vinto la sua prima medaglia olimpica individuale, venti anni dopo essere salito sul podio a squadre a Lillehammer. Nell’Hockey su Ghiaccio, il finlandese Teemu Selanne, nato il 3 luglio 1970, è arrivato alla medaglia di Bronzo. Esordì nel 1992 ad Albertville, nel suo carniere altri due Bronzi e un Argento. L’uomo dei record, Ole Einar Bjoerndalen ha compiuto i 40 anni il 27 gennaio. Inossidabili
W come Vic Wild. Lo statunitense diventato russo per matrimonio conquista due Ori nello Snowboard alpino per la madre Russia. Come lui Victor An, meglio conosciuto come Ahn Hyun-soo, coreano, leggenda dello Short Track dove a Torino 2006 vinse tre Ori e un Bronzo sotto la bandiera di Seul e dopo la rottura con la sua Federazione si è trasferito in Russia. Tre Ori e un Bronzo anche con il tricolore del Cremlino. Anastasia Kuzmina che ha vinto la Sprint nel Biathlon per la Slovacchia è russa. Non esistono confini nello sport del XXI secolo. Globali
X come l’incognita X. Ci si affida alla tecnologia e non si sa quali saranno i risultati sul campo dove le prestazioni dipendono dal fattore umano. Under Armour e Lockheed hanno speso due anni per trovare la tuta da pattinaggio veloce perfetta, testata nella galleria del vento, studiata nei minimi dettagli e nei materiali utilizzati. Con la Federazione statunitense decidono di lanciare la Mach 39, questo il nome, a Sochi. Gli americani non ne azzeccano una a partire dall’atteso Shani Davis e iniziano a dare la colpa alla nuova tuta che non hanno mai potuto provare e decidono di riporla nell’armadietto. Under Armour perde in un pomeriggio il 3% in Borsa. E che dire della collaborazione FISI-Ferrari che per la seconda Olimpiade consecutiva partorisce un Bob di cui si perdono le tracce mentre la BMW porta gli statunitensi a medaglia?. Tentativi.
Y come Yu Na Kim. Sfiora, e aveva tutte le carte in regola, la doppietta olimpica riuscita solo a Sonia Henje e a Katarina Witt nel Pattinaggio Artistico. Fa sognare ancora una volta e, secondo alcuni, viene defraudata dalla russa Adelina Sotnikova. Di certo era una lotta molto più serrata di quanto i punteggi abbiano mostrato. Al termine del gala annuncia il suo ritiro, sarà ambasciatrice per Pyongchang 2018. Indimenticabile
Z come Armin Zoeggeler. Primo atleta nella storia delle Olimpiadi, estive e invernali, a vincere una medaglia in una competizione individuale, la stessa, in sei edizioni consecutive dei Giochi. Per ora può solo eguagliarlo un’altra italiana, Valentina Vezzali, che è a quota 5. Leggenda
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