Una potenziale rivoluzione, che però non è vista bene da tutti gli addetti ai lavori: “Perché state cercando di cambiare questo sport?”
A partire dal 1° gennaio 2025, il coaching durante le partite di tennis diventerà ufficialmente legale nei tornei organizzati dall’ITF. Si tratta di una decisione storica che segna una svolta nel mondo del tennis, rendendo la comunicazione tra allenatori e giocatori una parte integrante del gioco. Questa scelta, già adottata a livello sperimentale in alcuni tornei del Grande Slam durante la stagione 2023-2024, diventerà ora la norma in tutti i tornei ITF. Il coaching, già consentito nei circuiti professionistici gestiti dall’ATP e dalla WTA, sarà quindi esteso a tutte le competizioni internazionali.
La nuova regolamentazione
Secondo quanto stabilito dall’ITF, il coaching sarà permesso fra i punti e durante i cambi di campo, ma non durante gli scambi, per preservare la fluidità del gioco. La comunicazione potrà essere sia verbale che attraverso segnali non verbali, ma dovrà comunque essere breve e discreta, al fine di evitare interruzioni troppo evidenti o prolungate. L’obiettivo principale di questa nuova regola, come dichiarato dalla stessa ITF, è quello di “rendere il tennis più equo e, potenzialmente, più divertente”.
Il direttore esecutivo dell’ITF, Stuart Miller, ha sottolineato che questa decisione non è stata improvvisa, ma frutto di un lungo processo di valutazione e sperimentazione: “Questo cambiamento è in atto dal 2017. Chi ha seguito lo sport, soprattutto negli ultimi due anni, avrà notato varie forme di coaching durante le partite in tutti i circuiti: ITF, ATP, WTA e Grand Slam. Abbiamo raccolto feedback da tutte le parti interessate: giocatori, allenatori e arbitri. I giocatori hanno percepito uno sviluppo positivo e ritengono che ora i tornei siano più stimolanti”.
Cosa ne pensano gli addetti ai lavori
Nonostante l’entusiasmo dell’ITF per questa svolta, non tutti nel mondo del tennis accolgono con favore la nuova normativa. Alcuni giocatori, infatti, si sono espressi apertamente contro la legalizzazione del coaching. Taylor Fritz, finalista agli US Open, ha espresso il suo dissenso in un post sul suo profilo X: “Dobbiamo smettere di rovinare l’aspetto mentale dello sport uno contro uno”. Fritz ritiene che una delle caratteristiche distintive del tennis sia proprio il fatto che il giocatore sia solo in campo, e il coaching potrebbe compromettere questa unicità.
Anche Denis Shapovalov, giovane talento canadese, ha condiviso una visione simile. Secondo lui, il tennis non ha bisogno di tali cambiamenti: “Perché state cercando di cambiare questo sport? Il tennis è speciale proprio perché sei da solo. Non sono d’accordo anche come semplice tifoso di questo sport”. Questi giocatori difendono un’idea di tennis più tradizionale, dove la capacità di gestire mentalmente il match senza l’aiuto di un allenatore è considerata un aspetto fondamentale della competizione.
Un cambiamento inevitabile?
D’altro canto, molti ritengono che il coaching rifletta un’evoluzione naturale del tennis moderno. Già negli ultimi anni, diverse forme di comunicazione tra giocatori e allenatori erano tollerate, sebbene non fossero ufficialmente consentite. Con la legalizzazione del coaching, queste pratiche saranno ora regolamentate, evitando ambiguità e potenziali controversie in campo.
Inoltre, molti allenatori e giocatori considerano il coaching un’opportunità per migliorare la qualità del gioco, fornendo supporto tecnico e psicologico in momenti critici del match. La possibilità di ricevere indicazioni potrebbe aiutare i giocatori a rimanere più concentrati, prendere decisioni tattiche migliori e gestire meglio la pressione, rendendo le partite più intense e interessanti anche per il pubblico.