La rinascita di Daniel Evans: il tennista, dopo una lunga battaglia con i suoi demoni, ha vinto la dipendenza dalla cocaina, è riuscito a risollevarsi da un periodo buio e a vincere, domenica scorsa, il suo secondo titolo ATP dopo la squalifica per uso di sostanze stupefacenti.
Un esempio di perseveranza
Daniel Evans è un esempio di miglioramento e perseveranza, a dimostrazione che una decisione sbagliata può non essere definitiva per il futuro della carriera da sportivo e soprattutto per non rovinarsi la vita. Il britannico ha superato totalmente i suoi problemi, trovandosi, nel pieno della sua carriera a 33 anni, addirittura in una posizione migliore nel ranking ATP rispetto a quando fu sanzionato per cocaina. Un grande traguardo per chi ha sempre messo la racchetta al primo posto. Era solo questione di scelta, padel o tennis, risultata più che azzeccata e che lo ha portato a vincere la Coppa Davis con la Gran Bretagna nel 2015 e a cucirsi addosso l’etichetta di erede di Andy Murray. Poi, il cortocircuito: sospeso per un anno per doping dopo essere risultato positivo alla cocaina, interrompendo la sua ascesa ai vertici del ranking ATP e, sul nascere, la sua carriera. E da quando è tornato, 365 giorni dopo, lo ha fatto dall’ultima posizione, senza punti e da allora non ha smesso di salire. Nonostante si sia trovato in fondo alla classifica, Evans ha ribaltato la situazione con duro lavoro e impegno. Nel febbraio 2021, vince il suo primo torneo ATP grazie al Murray River Open di Melbourne 250. Quindi è arrivato l’ATP 500 a Washington che gli ha permesso di raggiungere la 21esima posizione in classifica, la più alta della sua carriera professionistica.
Andare avanti fra delusioni e scelte coraggiose
Una storia di perseveranza, duro lavoro e aiuto psicologico: questa è stata la ricetta di Daniel Evans per poter continuare a praticare lo sport che ama di più e tornare ai massimi livelli. Evans ha parlato di sé in una intervista al Daily Mail: “È stato deludente e molto difficile vedere quante persone che consideravo miei amici mi hanno voltato le spalle. Ci sono stati tornei che mi hanno negato gli inviti, ma non ho lasciato che la rabbia mi dominasse di nuovo. D’altronde, era colpa mia. Sono stato stupido, ma anche bravo a non voltarmi indietro per ricadere negli errori. Durante l’anno in cui sono stato sospeso mi sono odiato. Poi ho capito che non potevo continuare così”. E quando ha avuto una nuova opportunità, ha dimostrato a di avere ancora un futuro nel tennis.