TORINO, La centoventicinquesima assemblea del Comitato Olimpico Internazionale ha designato ieri sera Tokyo come la città che ospiterà i Giochi della XXXI Olimpiade nel 2020. La scelta può superficialmente apparire come uno spostamento del baricentro del movimento olimpico al di fuori del Vecchio Continente: Rio 2016, Pyonchang 2018, Tokyo 2020 sono dati di fatto. Ma nei corridoi di Losanna le tendenze si devono misurare sul lungo termine e non possono limitarsi alle sole scelte delle sedi olimpiche. Martedì a Buenos Aires si deciderà il prossimo presidente del Comitato Olimpico Internazionale, una posizione che ha un potere enorme sui destini dello sport e che per il suo peso presenta una singolarità importante: dal dopoguerra ad oggi vi sono stati più Papi eletti al soglio di Pietro (sette) che presidenti del CIO (saranno sei martedì) a rappresentare il ruolo centrale che chi sarà chiamato a succedere a Jacques Rogge occuperà. Nei maneggi dei corridoi dell’Hilton Hotel di Buenos Aires la scelta di Tokyo dovrebbe avere aperto la strada al trono a Thomas Bach, tedesco, erede designato in un succedersi di incarichi che sono più vicini al diritto dinastico che ad un processo democratico. Se così avvenisse il Vecchio Continente continuerebbe ad avere l’ultima parola sul Comitato Olimpico Internazionale, ruolo che occupa da più di 40 anni, da quando lo statunitense Avery Brundage passò la mano.
Anche nella scelta delle sedi olimpiche la designazione di Tokyo apre molte porte; la candidatura di Madrid, sebbene nelle ultime ore sembrasse in crescita, è apparsa, e probabilmente lo è stata, per molto tempo una candidatura di facciata del vascello Europa alle prese con la recessione economica. Pochi soldi trasformati nella proposta di un nuovo modello di Giochi ma che necessariamente avrebbero significato un ridimensionamento delle Olimpiadi con le ricadute che questo fatto avrebbe avuto sui destini del CIO e dei munifici sponsor che lo circondano. E la candidatura di Istanbul non è mai stata sentita come europea come la stessa delegazione turca ha da sempre voluto sottolineare. Nell’attesa della ripresa economica, l’assegnazione a Tokyo dei Giochi del 2020 (tra sette anni) fornisce quattro anni che potrebbero essere importanti per una candidatura europea di peso che dopo due edizioni lontane avrebbe facile vita anche di fronte alla naturale esclusione degli Stati Uniti dalla tenzone per il gioco della rotazione dei continenti.
A voler guardara oltre la superficie, il blocco europeo in seno al CIO, che con 43 membri è ancora vicino alla maggioranza assoluta, pare aver deciso di lasciare passare a ‘nuttata in attesa di tempi migliori, mantenendo il controllo del movimento olimpico e acquistando un pesantissimo diritto di opzione sulle Olimpiadi del 2022 e del 2024. Una strategia il cui successo misureremo martedì quando conosceremo il successore di Jacques Rogge.