Non è mai troppo tardi: il Tour de France ha raccontato, al netto della sfida fra Vingegaard e Pogacar, una piccola favola di sport. Protagonista, un 36 enne canadese, Michael Woods, che al netto dei suoi anni, ha cercato, voluto e infine trovato l’acuto in una tappa iconica. Primo sul Puy de Dome.
La prima volta non si scorda mai: e questa vittoria è destinata a restare scolpita nella storia di un Tour che, dopo la prima settimana, promette di essere fra i più indimenticabili di sempre. Pogacar e Vingegaard monopolizzano l’interesse, marcandosi strettissimi, ma lasciano anche spazio a racconti come quello del canadese della Israel che, dopo aver vinto una Milano – Torino nel 2019, una tappa alla Tirreno – Adriatico del 2020 e due tappe alla Vuelta (2018 e 2020), si è iscritto anche nella storia di chi ha vinto almeno una volta una frazione della Grand Boucle.
Come Roglic, anche lo scalatore canadese ha un passato in una disciplina che poco o nulla a che fare con il ciclismo. Woods, classe 1986, era una promessa dell’atletica leggera canadese sino a guadagnarsi, a 18 anni, una convocazione per i mondiali del 2004 a Grosseto, dove nei 1500 chiuse con un più che dignitoso 3’43’’35 e un 8’16’’37 sui 3000, abbassando poi i propri tempi sui 3’39’’37 sul miglio e 7’52’’27 sui 3000. Il fisico, però non risponde come dovrebbe: due fratture da stress lo limitano. E durante una delle tante attività riabilitative, scopre una particolare attitudine per la bicicletta. È il 2011 e l’inizio di una nuova e soddisfacente esperienza che lo porterà a correre fra i professionisti.
Dall’Ontario al Puy de Dome. Anche Michael Woods potrà dire, un giorno, di aver vinto una tappa a un tour. E soprattutto non un’edizione qualsiasi, ma quella del 2023 che sinora ha tutti gli ingredienti per essere ricordata come una delle più entusiasmanti di tutti i tempi, sicuramente come la più bella di questo secolo. La salita del vulcano ha messo in mostra le doti del 36enne canadese che ha scoperto il ciclismo dopo l’atletica leggera, ma lascia anche in eredità la sensazione che questa gara sarà destinata a un lunghissimo e appassionante duello fra Vingegaard e Pogacar. Una corsa fianco a fianco, e capace di regalare sorprese e capovolgimenti a ogni chilometro di ogni giornata alla stregua delle memorabili edizioni in cui la maglia gialla, simbolo del primato, passava senza soluzione di continuità sino a Parigi sulle spalle dell’uno o dell’altro…
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