La giocatrice della nazionale italiana di football americano è intervenuta nel corso della trasmissione prodotta dall’agenzia giornalistica alanews
Nausicaa dell’Orto, giocatrice della nazionale italiana di football americano e flag football, è intervenuta nella giornata di ieri nel corso della puntata di Newzgen, trasmissione prodotta da alanews, per parlare di uno sport che in Italia è considerato ancora di nicchia, ma che piano piano sta ricevendo sempre più attenzione: il football americano. Tra Super Bowl e obiettivi per i Giochi Olimpici del 2028, vediamo cosa ha raccontato.
Giocatrice di flag football – la versione più breve e senza contatto tra gli atleti del football americano –, talent manager per Dazn e NFL Game Pass e bandiera italiana di questo sport, Nausicaa dell’Orto è una delle maggiori promotrici del football americano in Italia. Grazie ai suoi racconti e alle sue testimonianze sui social, Nausicaa – che ha seguito in prima persona il Super Bowl di quest’anno – cerca infatti di avvicinare quante più persone possibili a questo sport, che nel nostro Paese fatica a crearsi il suo spazio. Ma vediamo cosa ha detto ai microfoni di Newzgen.
“Diciamo che all’inizio il football risulta un po’ esotico quando lo vedi perché è difficile capire le regole”. Così ha esordito Nausicaa parlando dello sport che ama e di cui è diventata un simbolo nel nostro Paese. “È un gioco molto fisico, molto intenso. Crea legami molto forti tra compagni, è come se fosse una guerra in campo in cui bisogna combattere tutti insieme”.
Parlando del Super Bowl, invece, Nausicaa ha commentato: “La NFL e il football si portano dietro una spettacolarizzazione dello sport che raggiunge l’apice nel Super Bowl. Lì la partita è quasi in secondo piano. Il Super Bowl, inoltre, è come Sanremo: non si concentra solo nella serata clou, ma dura una settimana intera, con eventi che vengono organizzati ogni giorno”.
Ma come è nato questo rapporto con uno sport così “lontano” per noi italiani? “Io mi sono innamorata del football quando a 16 anni ho deciso di diventare una cheerleader – ha raccontato Nausicaa –. Dopo qualche allenamento siamo andate, io e le mie compagne di squadra, a una partita di football americano, e piano piano mi sono innamorata di questo sport. Da lì ho deciso di iniziare a giocare”.
“Da quel momento – continua il racconto – ho iniziato ad allenarmi con altre ragazze a Parco Sempione (a Milano, ndr) e dopo un mese abbiamo organizzato la nostra prima partita a Bologna. È nato tutto un po’ per caso”.
“Io ho fatto parte della campagna olimpica per convincere il CIO a far entrare il football alle Olimpiadi – ha raccontato Nausicaa –. Era chiaro che sarebbe stato impossibile portare la versione classica, poiché ogni squadra è composta da 53 giocatori, ma siamo riusciti a portare il flag football. Questa disciplina, inoltre, è praticata da 20 milioni di persone in tutto il mondo, e a differenza del football americano non c’è l’egemonia degli Stati Uniti”.
“Il flag – ha spiegato Nausicaa – è un modo ‘positivo’ per far iniziare i bambini a giocare e non farli incorrere in gravi infortuni nell’età dello sviluppo. Negli Stati Uniti, ad esempio, fino alle scuole superiori consigliano di evitare i contatti duri del football proprio per non incorrere in problemi fisici. È uno sport comunque spettacolare, solo che al posto dei placcaggi bisogna tirare delle bandierine attaccate alla vita degli avversari. Se a un giocatore viene ‘staccata’ una bandierina si riprende il gioco come se fosse stato effettuato un placcaggio”.
Parlando della sua storia, Nausicaa si è soffermata anche sul suo rapporto con i genitori e sulla loro contrarietà nell’assecondare la sua passione: “I miei genitori erano molto contrari alla mia passione per il football. Per loro era solo una perdita di tempo. Mia madre a un certo punto mi ha capita, mio padre, invece, non mi ha mai supportata nel mio sogno. Negli anni è stato anche molto violento per questa cosa e cercava di nascondermi casco e para-spalle. Ad oggi non sa che io gioco a football americano e che sono in nazionale”.
“Io oggi ne parlo – ha continua Nausicaa – perché ci sono molte persone che non hanno il supporto non solo dei genitori, ma anche di chi gli sta intorno. Alla fine l’importante è trovare persone che credono in te e nel tuo sogno e che ti accettano per ciò che sei. Auguro a tutti di trovare il proprio casco per sfondare tutto senza pensare a chi non c’è sugli spalti”.
Ma in che veste vedremo Nausicaa ai Giochi Olimpici di Los Angeles? “È difficile da dire – ha risposto la giocatrice della nazionale –. Io quest’anno faccio 32 anni, perciò bisogna vedere se ci arrivo. Io penso al bene della squadra, quindi se ci sarà una giocatrice più forte e veloce di me dovrà andarci lei”.
Parlando del movimento femminile italiano di flag football, invece, ha commentato: “Da quando hanno introdotto i nuovi coach in staff negli ultimi anni siamo tra le prime 8 squadre al mondo. La nostra federazione ha fatto dei passi da gigante. Io oltre a essere un’atleta sono una rappresentante degli atleti nel consiglio federale, e il mio obiettivo è far arrivare la migliore squadra possibile ai Giochi Olimpici di Los Angeles. Se non sarò lì come giocatrice mi troverete sicuramente come allenatrice o team manager. In ogni caso ci vediamo là”.
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