DOPING & CO. Il nome Victor Conte richiama subito alla mente lo scandalo BALCO, il laboratorio californiano fondato dallo stesso Conte, che una decina di anni fa fu scoperto essere una centrale di distribuzione di prodotti vietati ad un esercito di atleti da Marion Jones a Tim Montgomery, da Kelli White a Dwain Chambers, il velocista britannico che nella sua autobiografia ammise di andare in giro per il mondo con nella valigia un arsenale che “avrebbe potuto uccidere un elefante”, THG, EPO, ormone della crescita, steroidi. Conte che ora ha 63 anni e ha passato 8 mesi in stato di detenzione per le sue attività veste ora i controversi panni del dopatore che si è trasformato in accusatore.
Nei giorni scorsi, Conte ha rilasciato una intervista al San Francisco Chronicle che suona come un forte atto di accusa al mondo della velocità giamaicana. “Credo da molti anni che pratichino un sistema di doping sostenuto dallo stato, ritengo che siano coinvolti il Comitato Olimpico giamaicano e la commissione antidoping. Se Usain Bolt riceve come ricompensa per le sue medaglie d’oro un terreno sulla spiaggia del valore di sei milioni di dollari questo diventa un messaggio importantissimo per la Giamaica e io sono molto sospettoso e vi dico come tutto è iniziato”.
Secondo la mente dietro la Balco, all’inizio del 2008, in pieno caso Chambers, inviò alla commissione antidoping britannica un documento che elencava tutti i trattamenti, sette o otto prodotti dopanti, con frequenze di utilizzo e dosi ai quali sottoponeva i suoi atleti. Shelly-Ann Fraser, ricorda Conte, nel 2007 correva in 11.31, alle Olimpiadi di Pechino vinse l’Oro in 10.78. Bolt nel 2007 correva in 10″03 e a Pechino fa il mondiale in 9.69. “Troppo e troppo presto”, secondo il capo della BALCO.
“Poi mi ha chiamato un amico e mi ha detto, ‘non ci puoi credere’ hanno vinto le medaglie dopo aver letto il documento che tu hai inviato alla commissione antidoping britannica e che è stato trasmesso alla WADA. Stanno usando tutti i tuoi protocolli, quelli di Dwain Chambers, anche il T3”. In quest’ultimo caso si tratta della Liotironina, un farmaco utilizzato come ormone tiroideo nel trattamento dell’ipotiroidismo, che non fa parte della lista delle sostanze vietate e sulla quale ad aprile di quest’anno sul Wall Street Journal uscì un articolo nel quale il dottor Jeffrey Brown, consulente della Nike e della sua scuderia di atleti, si vantò di aver trattato almeno 15 ori olimpici statunitensi tra i quali Carl Lewis (che si rifiutò di commentare) sulla base della controversa teoria secondo la quale i duri allenamenti causerebbero ipotiroidismo negli atleti.